Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Siamo nel 1990 e dopo il controverso La passione di Cristo Scorsese sembra voler tornare al sapore dei suoi film malavitosi e finisce per regalarci uno dei migliori del suo genere, a mio parere il miglior gangster movie firmato dal Maestro pur avendo vinto all’epoca solo uno dei sei premi Oscar a cui era candidato, quello per non protagonista a Joe Pesci, grandioso nel ruolo del “pazzo” Tommy De Vito. Quell’anno la categoria di miglior film vedeva in lizza: Balla coi lupi (che vinse e non poteva essere altrimenti), Ghost, Il padrino parte terza e Risvegli ma, il Maestro, non avrebbe certo demeritato. La fotografia è camaleontica in base alle inquadrature ancora più favolose quando diventano fermo immagine, la musica è buona, come sempre nei film di Scorsese che la cura personalmente, e la presenza della fede è latente ma presente anche solo a livello iconoclastico (quadri e croci d’oro al petto). L’ascesa e la discesa del protagonista, un bravissimo Ray Liotta a cui Martin fa guardare dritto in macchina proprio alla fine della sua sconfitta liberatoria in stile The wolf of Wall Street. Il cinema del regista italo americano è riconoscibile in ogni fotogramma di ogni suo film (tranne quando si diletta con il 3D), gli elementi cardine restano sempre lì dando quella sensazione di familiarità che sotto sotto fa amare ogni suo film.
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