Regia di Mike Leigh vedi scheda film
Magistrale racconto di Mike Leigh della desolazione arida della Londra tatcheriana, alla fine degli anni '80 del secolo scorso.
Quando Mike Leigh girò questo film, dopo quasi vent’anni di assenza dal grande schermo, nel Regno Unito stava per concludersi l’era della Lady di ferro, ma era ovunque già visibile lo sconvolgimento prodotto dalla politica della sua spietata modernizzazione del paese.
Leigh valuta le conseguenze umane dell’era tatcheriana sullo sfondo di una Londra sfigurata anche nell’aspetto: a costi molto bassi erano state messe in vendita – e successivamente ristrutturate – le case dei quartieri popolari, in passato affittate dal Comune, a prezzo politico, alla working class, ciò che aveva dato luogo a colossali speculazioni e stravolto i rapporti sociali fin allora esistenti.
Alla solidarietà di classe e di vicinato si era sostituita l’indifferenza, quando non l’insofferenza, per gli anziani, troppo poveri per acquistare le proprie vecchie abitazioni: erano rimasti lì, pertanto, ma ora si sentivano sopportati a fatica, invitati com'erano, troppo spesso, ad andarsene, per permettere una piena riqualificazione del quartiere.
L’atteggiamento sdegnoso dei nuovi ricchi si stava diffondendo anche fra i parenti più stretti, dispostissimi a barattare il legame familiare con la proprietà di un alloggio, fonte quasi certa di futuri lauti guadagni.
Il regista indaga con amara attenzione l’avvenuto mutamento dei cuori e della mentalità, raccontandoci la vicenda della signora Bender (Edna Dore) e dei suoi due figli, Cyril(Philip Davis) e Valerie (Heather Tobias).
L’anziana donna, dal volto segnato dal dolore e dai sacrifici, riceve da loro poche attenzioni, in modo particolare da Valerie, casalinga isterica e frustrata, trascurata dal marito, ma pienamente convinta della necessità di sacrificare la madre al proprio desiderio di ascesa sociale.
Cyril, al contrario, che non aveva mai rinnegato le proprie origini, né ambiva a diventare ricco, è affezionato al suo vissuto familiare e sociale, ma è depresso e si sente vinto: è un personaggio ancora fedele agli ideali del socialismo sconfitto, tanto che, insieme a Shirley (Ruth Sheen), la donna con cui convive da dieci anni, va spesso, pateticamente, a visitare la tomba di Karl Marx al cimitero di Highgate.
Il loro rapporto si era un po’ deteriorato, perché Shirley, che è donna tenerissima, vorrebbe un bambino, mentre a lui manca il coraggio di progettare il futuro, dopo che le speranze rivoluzionarie si erano spente.
Sarebbe stato il calore umano di lei, nonché la sua profonda sensibilità, a fargli comprendere le ragioni della vecchia madre e ad aiutarlo a superare il pessimismo che metteva a rischio il loro legame.
Il ritratto dei vinti, che ancora orgogliosamente rivendicano, come Cyril e Shirley, l’antica appartenenza a un mondo di valori che – condivisi nell’antico milieu solidale – rendevano più sopportabile vivere, è raccontato con pudore sobrio, che si incarna nella vecchia madre solitaria, disprezzata e snobbata dai nuovi arrivati, egoisti e ignoranti.
Alla depressa rinuncia di Cyril e all’avidità meschina di Valerie si contrappone la positiva e affettuosa Shirley, emblema di un’umanità che cerca di ritrovare, da un punto di vista più alto, affascinante come la visione della capitale dal terrazzo di una vecchia costruzione, il senso dell’esistere.
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