Regia di Mike Leigh vedi scheda film
Cyril (Philip Davis) e Shirley (Ruth Sheen) sono una coppia assai affiatata. Vivono in un appartamento assai spartano il loro amore anticonformista fatto di passione per i cactus, visite devote alla tomba di Marx nel cimitero londinese di Highgate e con un progetto di avere un bambino che rimane perennamente in sospeso. Cyril ha un anziana madre, la signora Bender (Edna Dorè), attorno alla quale ruotano una serie di personaggi "tipici", dalla figlia Valerie (Heather Tobias), una donna oberata di tic e falsi problemi, ai coniugi Booth-Braines (Lesley Manville e David Bamber), due vicini di casa molto poco amichevoli e assai rampanti.
"Belle speranze" di Mike Leigh (secondo lungometraggio dell'autore inglese, che nei diciassette anni intercorsi tra la realizzazione di questo film e "Bleak moments" lavorò molto per la televisione) è un ritratto dolce amaro dell'Inghilterra "thatcheriana" tutto giocato su una certa galacialità d'ambientazione e sulla latente anestetizzazzione di ogni slancio emotivo. Si analizza il paese attraverso la tipicità di alcuni dei sui "sudditi" e in un momento capitale della sua storia contemporanea, quando gli esponenti delle classi medie sgominavano con ritrovata ferocia per salire il grado della propria posizione in società e la smania di apparire "grandi" si accompagnava passo passo al progressivo smantellamento dello Stato sociale. Leigh accentua molto il lato caricaturale dei suoi personaggi, usandolo, evidentemente, come pretesto per addolcire ciò che ci viene amaramente rappresentato, per ammantare con un pò di intelligente ironia quella sorta di vuoto pneumatico che sembrava percorrere in lungo e in largo l'Inghilterra coeva, certamente attribuibile alla destrutturazione sociale in corso e soprattutto riferibile alle classi meno abbienti. Sono tutti caratterizzati oltre il dovuto, a cominciare da Valerie e il marito Martin Burke (Philip Jackson), da un lato, e i coniugi Boothe-Brain dall'altro, troppo conformisti e cafoni i primi, troppo volgarmente schiavi del proprio ricco edonismo i secondi, tutti emblema di quella famelica rincorsa al successo ostentatamente ricercata e sfacciatamente esibita. Cyril e Shirley vivono serenamente il loro tenero amore, troppo convinti della bontà delle proprio stile di vita per farsi attirare dalle sirene del conformismo imperante e troppo rinchiusi nella loro alcova dorata per porsi come simbolo credibile di un alterità sociale generalmente percepibile. Al centro di tutto, di ogni persone e di ogni vicenda, c'è la signora Bender, orfana di un mondo che va estinguendosi e prigioniera ormai passiva del disincanto. Conduce una vita assai dimessa, trascorsa a ricordare un paese che non c'è più e a fare la conta delle belle speranze che ancora meritano di essere coltivate in fondo al cuore. E' un gioiello da recuperare "Belle speranze", un buon esempio di cinema impegnato e militante, senza l'accentuazione ideologica di un Ken Loach (giusto per rimanere nei paraggi) ma col tocco lieve di chi è più interessato alle singole vicende umane che ai sommovimenti sociali provocati dallo scorrere imperioso della grande storia. Insomma, alla maniera solita di un grande cineasta come Mike Leigh.
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