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Lycanthropus

Regia di Paolo Heusch vedi scheda film

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La recensione su Lycanthropus

di mm40
2 stelle

Una ragazza di un istituto femminile una notte viene trovata morta, aggredita forse dai lupi, nei dintorni dell'istituto. Si scopre una torbida storia di ricatti con un uomo più grande di lei, che molto presto non sarà più l'unica studentessa vittima di violenza animalesca. Le indagini portano così a un'incredibile conclusione.

Horror gotico piuttosto ingenuo, ma altrettanto pieno di buona volontà, realizzato da un regista alle prime armi - è la terza pellicola per Heusch - e che già aveva dimostrato di amare il cinema di fantasia con l'esordio La morte viene dallo spazio, del 1958. La sceneggiatura è firmata da Ernesto Gastaldi, anch'egli non molto esperto a quel momento e per l'occasione dotatosi dello pseudonimo Julian Berry (allo stesso modo il regista risulta Richard Benson sui titoli di testa). Una storiella prevedibile e condita con effetti speciali decisamente miseri tiene banco per un'ora e mezza scarsa, senza impressionare troppo - siamo d'altronde in tempi di strapotere della censura - ma risultando quantomeno compatta a sufficienza e lineare nel suo svolgimento; la protagonista è la ventunenne polacca Barbara Lass, che non è affatto l'unica straniera nel cast, anzi: a parte Luciano Pigozzi, gli interpreti principali del film sono Curt Lowens, Carl Schell, Maurice Marsac e Grace Neame. Più che esotici, i cognomi sono anonimi; la colonna sonora colma di pathos è firmata invece da tale Francis Berman: Armando Trovajoli, in pratica. Heusch tenterà qualcosa di più ambizioso l'anno successivo, mettendo in scena insieme a Brunello Rondi il romanzo pasoliniano Una vita violenta. 2,5/10.

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