Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Il fascino di una storia e più che altro di un’atmosfera misteriosa, non si sa dove ci porta e dove il nostro pensiero approderà, perché il fascino consiste anche proprio in un finale non definito, concretamente. Tratto da una racconto di Hanns H. Ewers “Il ragno”, e da una serie che si basava su storie sul mondo dello spettacolo, Amelio sceneggia liberamente con Mimmo Farese , in formato film tv. Qui nelle riprese siamo dalle parti dello sceneggiato, l’ambientazione e la stessa recitazione ci porta da quelle parti. Tutto si svolge in un interno e con il ritrovamento da parte del protagonista di fotografie riguardanti i miti del cinema; l’apprendimento casuale, e negato, da parte della portinaia, della morte di un giovane attore, precedente ospite nell’appartamento, non fa effetto al nostro protagonista, che viene in possesso di cose appartenenti a lui, fra cui, appunto una ricchissima collezione di attori miti di ieri. E’ evidente il fatto significativo, e cioè che un attore vive dei suoi ruoli e dei suo miti, la sua vita è legata in stretto contatto con un mondo di fantasia in cui si annulla, con il rifiuto ben definito della realtà che sempre di più viene trascurata. Coinvolgente e conturbante l’immagine che appare alla finestra, che volontariamente rimarrà sempre distaccata e che il protagonista non riuscirà mai a toccare realmente, anche se la comunicazione senza parole sarà sempre chiara. L’immagine della finestra farà parte tanto del suo vivere, da coinvolgerlo in maniera drammatica, ma volontariamente accettata; l’attore vive dei suoi ruoli in maniera veritiera, e chi andrà a verificare chi c’è dentro la stanza, dove appariva nella finestra di fronte l’immagine che affascinava il giovane, non troverà che una scena spoglia, tipo un teatro di posa.
una storia a significato sul mestiere dell'attore
una regia intensa e fascinosa
il giovane che partecipa alla storia
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