Regia di Barbet Schroeder vedi scheda film
All'inizio ed alla fine di un decennio,due film su un personaggio,un artista come altri perso in un delirio di alcool e perdizione,ma con una carica tutta propria e una visione del mondo non sbrigabile in poche righe:Charles Bukowski è il protagonista sia di "Storie di ordinaria follia" di Ferreri che di "Barfly" di Schroeder, anche se qui viene chiamato Henry Chinasky. Lo svolazzare nel vuoto dei propri giorni in un'alcoolica atmosfera da cuori allo sfascio dello scrittore e poeta,tra risse, avventure sessual-sentimentali, il rauco berciare degli altri avventori del bancone da bar vengono riportate con fedeltà dall'autore de "Il mistero Von Bulow",ma nel confronto con il film italiano ci perde:per quanto non uno dei migliori ferreriani, "Storie ..." viveva di una scorticata autenticità sentimentale più toccante,e sincera. Del tanto sentimento che l'editrice interpretata da Alice Krige trova negli scritti di Chinasky-Bukowsky non emerge granchè sullo schermo, Faye Dunaway e Mickey Rourke sono credibili nei ruoli centrali, ma a tratti la caratterizzazione del divo di "Johnny il bello" diviene quasi fumettistica,anche se vi pone dentro un'ironia lieve che la valorizza. A conti fatti,una bella iniziativa,e un film a modo suo anche coraggioso nel suo non raccontare ma più che altro illustrare,ma forse la matrice hollywoodiana è quanto meno adatto ci sia per certa narrativa e certi autori.
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