Regia di Gianni Manera vedi scheda film
Tentativo di miracolo operato da Gianni Manera, piccolo caratterista impiegato nel cinema bis, con prodotti quali l'interessante western 7 Dollari sul Rosso e la spy story AD3 Operazione Squalo Bianco a fungere da apici, e qua passato per la prima volta alla regia. Manera mette tutto sé stesso nell'operazione. Si riserva il ruolo di protagonista, accreditandosi John Manera, scrive la storia (insieme al fratello Enrico Manera), caccia fuori i soldi e porta in scena un dramma che prova a ricostruire la tragedia della seconda guerra mondiale vista dalla prospettiva della resistenza partigiana. Il budget è pressoché nullo e si riflette nell'impossibilità di giocarsela sul piano action. Manera, in difficoltà nel mettere in scena i corpo a corpo (lotte ridicole tra i tedeschi sorpresi alle spalle dai sabotatori italiani) e con a disposizione solo alcune cariche esplosive per un assalto a un deposito nazista, diluisce la storia sul piano dei contenuti. Lo fa ricorrendo a balli istituzionali, pellegrinaggi del partigiano protagonista per i boschi e intrecciando, infine, i rapporti tra il capo dei partigiani, interpretato sufficientemente bene dal regista stesso, e il tenente fascista in mano ai nazisti. I due hanno in comune l'amore per la medesima donna, ma mentre il partigiano sa dove essa abiti e ne condivida un figlio da poco nato, l'altro, innamorato pazzo e convinto di esserne corrisposto, non sa dove essa sia e si prodiga nel ricercarla; purtroppo per lui, lo attenderà un futuro dominato dalle delusioni. L'uomo si troverà, strada facendo, tradito da tutte le persone in cui ha riposto la sua fiducia, alla maniera di un popolo che vede sgretolarsi tutte le certezze su cui aveva confidato.
Manera procede in modo blando e povero nella messa in scena, ma dimostra un certo valore artistico. Il film, pur non garantendo particolare intrattenimento, non è disprezzabile. Emerge l'orrore della guerra (triviale la scena in cui il partigiano viene informato che la sua donna e il piccolo figlio sono morti nell'esplosione della loro casa) e la follia che ne è insista e che viene dimostrata anche dal fatto che i ragazzini, invece di giocare, girano imbracciando fucili. Manera è bravo inoltre a rappresentare l'ipocrisia di certi ufficiali nazisti, aspetto che emergerà poi anche nelle cronache degli anni successivi relative alle tante stragi compiute dagli stessi nella lunga risalita dell'Italia. Abbiamo un tenente delle SS, ottimamente interpretato da Enrico Manera (che si firma Joseph Logan), che si dice offeso dello scempio che ha intorno, ma che non può fare altro che dare ordini orientati a massacrare per rappresaglia civili o a impiccare i traditori, perché così impone la guerra. Una tragedia, pertanto, a cui non può opporsi come uomo, perché al di sopra delle opinioni personali ci sono quelle collettive. L'uomo finisce anche per subire un pestaggio per mano dei partigiani e di alcuni americani discesi con il paracadute ma, per una scelta poco comprensibile degli sceneggiatori, non viene ucciso né preso prigioniero, ma solo malmenato. Scelta narraitva quest'ultima tutt'altro che credibile e che sarebbe stato meglio omettere.
Dunque un war movie dove si spara poco, perché le risorse sono assenti ma che, nonostante ciò, è degno di essere visto. Manera non è troppo indicato per il cinema d'azione, ma dirige piuttosto bene gli attori e riesce a far passare il messaggio che si era prefissato. L'epilogo, mentre tutti intorno sparano, con Ivano Davoli, il fascista che non sa più quali pesce prendere e che è stato tradito in tutto (dagli ideali agli amori), brancolante nel buio (è bendato e non ottiene neppure la morte per fucilazione), incarna con grande senso poetico lo smarrimento dell'umanità tra i fuochi dell'inferno. Interessante la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto il nazista e l'ufficiale fascista. Manera sembra quasi vedere in quest'ultimo lo stereotipo dell'italiano medio (a differenza dei tedeschi pensa ai cavoli propri, fa lo scemo mentre viene rimproverato dal nazista e non esegue gli ordini, rendendosi conto della piega che sta prendendo la guerra), in un atteggiamento che lo porterà a non sapere più chi esso sia; senza ideali, senza amore e senza più bandiera.
Discrete le musiche di Stelvio Cipriani, soprattutto la main theme fatta di poche note al servizio di una composizione melodrammatica.
Da rivalutare. Manera farà pochi altri film, tutti realizzati con due lire e una distribuzione limitata. Tornerà dietro la macchina da presa in occasione de Ordine Firmato in Bianco.
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