Regia di Francesco Maselli vedi scheda film
Sarà stato faticoso per la Kinski recitare in questo psicodramma, non ne dubito, ma lo è anche per lo spettatore guardarselo.
Francesco Maselli gira un film ambizioso e coraggioso, dove delle due caratteristiche la migliore è la seconda, ma rimane lontano dal raggiungere un risultato accettabile.
Che il film sia tutto ambientato in una camera d'albergo non è un errore di per sé, perché diversi registi hanno raggiunto risultati stupefacenti pur rimanendo confinati in spazi minimi. Allora, però, ci devono essere dialoghi ben scritti e personaggi interessanti, definiti in modo approfondito. Questo, però manca del tutto. Almeno, quindi, si dovrebbe chiedere atmosfera e tensione, o al limite lirismo. Ma neppure di questo c'è traccia.
Ciò che rimane, pertanto, non è molto: Nastassja Kinski (inquadrata, però, non molto e non bene), che allora era la bella del cinema europeo; e poi il nostrano Massimo d'Apporto, altrove attore capace, ma qui castigato nella parte del bel professionista, oscuro e conturbante.
Maselli cerca di delineare un rapporto amoroso determinato dall'impulsività e dalla libertà totale dell'istante. Ma le venti o trenta brioche ordinate in camera, le scenate sopra le righe di lui, il sesso fatto quasi del tutto vestiti perché si ha fretta rimangono tentativi non ben piazzati di dipingere un tale rapporto. E poi, francamente, la sequenza del miele nell'ombelico della Kinski potrebbe essere inserita negli annali del falso erotismo.
Di Maselli ricordo il bel “I delfini”, suo esordio, ma qui si rimane molto più in basso di quel corale ritratto sociale. L'autore (anche sceneggiatore) avrebbe dovuto chiedersi “Come mi sono riusciti questi dialoghi? - Mica tanto bene. Meglio chiamare qualcuno che sappia scrivere in modo decente”. E allora, forse, avremmo avuto un bel dramma amoroso nel chiuso di una squallida camera d'albergo.
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