Regia di Martin Ritt vedi scheda film
Versione libera e molto edulcorata del romanzo di Faulkner Il borgo (la cui terza sezione si intitola appunto La lunga estate). Un vagabondo intraprendente capita in un paese del profondo sud e trova subito un’intesa con il notabile del luogo, che vede in lui un degno erede (più del debole figlio maschio, disprezzato e umiliato) e progetta di fargli sposare la figlia, un’intellettuale attratta da un giovanotto simile a lei ma troppo legato alla madre. C’è tutto l’armamentario che si ritrova in opere di quegli anni quali La gatta sul tetto che scotta o Picnic (tensioni familiari che sfociano nel dramma, l’omosessualità velata ma mai dichiarata esplicitamente, la figura del dropout che irrompe in una comunità isolata), gradevolmente alleggerito dalle schermaglie fra Newman e la Woodward. Notevolissimo anche il contorno, con un Anthony Franciosa dalle tendenze edipiche, la splendida Lee Remick, la volgarotta Angela Lansbury e soprattutto Orson Welles nel consueto ruolo di padreterno.
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