Regia di Martin Ritt vedi scheda film
Del Sud caldo, appiccicoso, indolente e colmo di voglie represse è il mondo di Tennesse Williams, da cui il cinema hollywoodiano molto ha attinto: e da una serie di scritti del celebre drammaturgo è stato tratto "La lunga estate calda", melodramma di successo, che mette a confronto due pezzi da novanta come Orson Welles e Paul Newman. La storia di Ben Quick, sradicato che cambia lavoro come le camicie, ha la brutta fama di piromane ( ma sarà vera?) e giunge a cercar lavoro in una famiglia di tenutari in cui il patriarca è personalità vivace e ingombrante, la figlia è apparentemente fredda e scostante, ma in realtà cova una profonda insoddisfazione coniugale, e l'altro figlio è ambizioso ma irrisolto ed immaturo. Il film è realizzato da Ritt con la consueta professionalità, peccato che nel finale, nonostante si sfiori la tragedia, si voglia risolvere fin troppo positivamente i conflitti emersi nel corso del racconto, e la conclusione eccessivamente bonaria sciupa non poco il risultato. Se Orson Welles offre una caratterizzazione tutta sopra le righe e "bigger than life", Paul Newman si propone al massimo della propria bellezza e facendo suo il personaggio, come molti altri ribelli e non allineati della sua carriera. Però il film piace fino a un certo punto, non del tutto.
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