Regia di Max Ophüls vedi scheda film
Gli interminabili piani sequenza di Max Ophüls si avvolgono come una giostra intorno all’amore che è come un girotondo, una staffetta circolare, un minuetto, un gioco in cui l’unica regola è lasciare una mano per afferrarne un’altra. L’amore, per essere universale e onnipresente, deve restare eternamente in viaggio, mantenendo la propria fuggevolezza e la propria contagiosità: la perenne pandemia, che passa e va, sceglie a caso le sue vittime ed il momento in cui colpire, ma nella sua cecità non sbaglia mai la mira. Quello che per noi può sembrare un errore, una sbandata, una vergognosa trasgressione, nella logica dell’Eros è invece un inevitabile passaggio, il necessario anello di collegamento che assicura la continuità del processo con cui il desiderio di conoscere, di adorare e di godere si autoriproduce in forme sempre nuove. La sua corsa prosegue indisturbata, a dispetto dei nostri scrupoli morali, perché la sua impellente forza è indifferente ai nostri criteri di giudizio, e si fa beffe dei distinguo e dei busillis che assillano gli esseri civilizzati. L’attrazione fisica è un rullo compressore che livella e semplifica i rapporti sociali, ed è un ascensore che fa salire e scendere, con incredibile rapidità, i gradini delle gerarchie. Ophüls coglie al volo l’ennesima occasione di inseguire, come la freccia di Cupido, uomini e donne su e giù per le scale, dentro e fuori le case, continuando a spiarli da dietro agli angoli, in mezzo ai cespugli, e attraverso le grate e gli arredi: il suo obiettivo sbircia curioso e indiscreto, inquadrando i suoi personaggi nelle sontuose cornici liberty della Vienna fin de siècle, come per rendere un elegante omaggio a quella intrigante frivolezza che – secondo le intenzioni di Arthur Schnitzler, autore della storia - tanto argutamente sfida i severi canoni della cultura asburgica. La ronde è una filastrocca che riduce i benpensanti a tanti burattini, costretti a sfilare, con maliziosa grazia, nella parata di questo nostro mondo che, dietro i paraventi, si bea ridacchiando della propria imperfezione, e si guarda bene dal tentare d’essere migliore.
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