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La leggenda del Re Pescatore

Regia di Terry Gilliam vedi scheda film

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La recensione su La leggenda del Re Pescatore

di maso
8 stelle

Il film più fortunato nella carriera di Gilliam è sicuramente "The fisher king", non tanto perchè è quello più onestamente commerciale per i palati hollywoodiani ed ha qundi riscosso un notevole successo di pubblico, ma perchè non è stato flagellato da disgrazie produttive e tracolli al botteghino, magagne che più o meno hanno caratterizzato quasi tutte le imprese 
cinematografiche del geniale ex Monty Pyton, ad esclusione di "L'esercito delle 12 scimmie".
La storia del film racchiude in se le ossessioni medievali e le migliori intuinzioni visionarie e surraeli di Gilliam che ci racconta una favola moderna ambientata in una città classista e dispersiva, teatro a cielo aperto dove si compie il miracolo dell'amicizia fra uno yuppie radiofonico avventato e cinico che ha gestito malissimo il suo pericoloso mezzo di diffusione e il mite professore che ha suo malgrado subito le conseguenze dell'esplosione di follia innescata dallo yuppie.
La ricerca del Graal, tema da sempre caro a Gillam e vecchi soci, è in tempi moderni il veicolo per esaltare il valore preziosissimo di un tesoro come l'amicizia, che a volte può anche nascere frà i falò di strada accesi dai barboni e poi crescere fra i delirium tremens sgorgati dalla bottiglia, su questo campo la fantasia del regista trova terreno fortile e per una volta la scelta degli attori si rivela un valore aggiunto che esalta le qualità del film: Bridges è tanto antipatico e stronzo nel preambolo quanto genuinamente provato e tormentato dalla colpa nel proseguo della storia ed è perfettamente in sintonia con un Robin Williams molto bravo ad esprimere la follia scaturita da un trauma. io non sono certo il suo fan più accanito, al contrario non perdo occasione per bacchettare il suo smorfismo gratuito e il comportarsi continuamente da pagliaccio ma la sua recitazione è attinente al personaggio ed è stato diretto in un certo modo proprio per evitare che risultasse un imbecille e basta, compromettendo il tono fiabesco del film.
La fantasia è quindi l'arma in più di Gilliam che la trasforma continuamente in realtà e vice versa tanto e come la metropoli tentacolare in un paesaggio onirico nel parco dove sembrano poter apparire da un momento all'altro elfi e fate, una città in cui l'amore di Parry può trasformare la hall di una stazione in una sala da ballo dove danzare il valzer con la donna dei sogni.
Nella Manhattan concepita da Gilliam ci sono castelli con altissime torri come a Camelot, ma la gente non se ne accorge perchè come dice Jack impegnato nella sua scalata per raggiungere il Graal "Grazie a Dio nessuno guarda più in alto in questa città", nessuno guarda perchè troppo attratto dalle cose materiali che ti trascinano in basso ma Parry tenero e pazzo ha capito tutto: "Non importa se il Graal è solo una coppa premio, va comunque conquistato come un valore molto importante, l'amore per il prossimo".

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