Regia di Terry Gilliam vedi scheda film
Jack Lucas (Jeff Bridges) è un affermato speaker radiofonico. Un giorno viene a sapere che un suo ascoltatore, istigato dalle sue parole, causa un efferato omicidio plurimo. I sensi di colpa distruggono Jack, che cambia drasticamente il proprio modo di vivere, un po’ per cercare la redenzione, un altro po’ perché il mondo gli sbatte la porta in faccia. In seguito al fortuito incontro con Perry (un barbone decisamente suonato interpretato con magistrale bravura da Robin Williams), Jack sembra aver trovato la strada giusta per l’espiazione. Diviene una sorta di missionario metropolitano, un essere altruista che trova soddisfazione solo nella soddisfazione altrui, in particolare quando viene a sapere del passato di Perry, tralasciando drasticamente i propri interessi. L’amicizia con Perry avrà un epilogo che, nonostante l’anticonformismo tipico del suo autore, Terry Gilliam, è alquanto prevedibile. La regia, ondivaga, a tratti mistica, è il vero plusvalore della pellicola, aldilà della straordinaria prova corale degli interpreti. L’ex Monty Phyton arpeggia con grande fantasia, toccando le corde giuste ed affrontando in maniera profonda temi molto diversi quali l’amore, l’amicizia, la religione, il razzismo, i rapporti umani metropolitani, la malattia mentale (con alcune scene al limite dell’auto-citazionismo che ricordano “L’esercito delle dodici scimmie”). Oscar (meritato?) per Mercedes Ruehl, che interpreta Anne, la fidanzata di Jack; più appropriate sarebbero state le statuette per Williams, la regia e, anche se meno evidente, quello per la fotografia, tipicamente “alla Gilliam”.
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