Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
Accattone è come una lunga linea che attraversa tutti i miei film da Mean streets a Toro scatenato, da L’ultima tentazione di Cristo a Quei bravi ragazzi. Da quando l’ho visto per la prima volta ad una proiezione per la stampa al New York Film Festival nella metà degli anni Sessanta, è stata per me un’esperienza straordinaria. Il film ha una comprensione ed una pietà verso le debolezze e sofferenze del genere umano che vengono fuori senza che venga dato alcun tipo di giudizio. Lo stile di Pasolini è una combinazione tra realismo e poesia.
(Martin Scorsese in “Mean Screens, una rassegna sui film che hanno ispirato Scorsese”, Dino Audino Editore, 1994, pag. 67).
Accattone è il primo lungometraggio di Pasolini, liberamente ispirato ad alcuni temi del romanzo “Una vita violenta” (non si tratta di un vero adattamento, e infatti il titolo del romanzo non è citato nei credits iniziali). Un esordio di notevole maturità artistica, al di là di qualche imperfezione tecnica, dove il mondo poetico del regista è già perfettamente formato: la visione disperata della vita dei sottoproletari nelle borgate romane risente soprattutto della sensibilità tormentata dell’autore, e conserva dei legami con l’esperienza neorealista soprattutto in certe modalità espressive, come le riprese in esterni autentici e l’utilizzo rigoroso di attori non-professionisti (con poche eccezioni, come ad esempio Adriana Asti). Si è parlato di un rapporto di attrazione-repulsione di Pasolini verso i suoi personaggi, ma a mio parere prevale la tenerezza verso i diseredati, fotografati in un “bianco/nero metafisico” di Tonino Delli Colli, con immagini irradiate da un biancore accecante che simboleggia la purezza e che si accompagna alla sacralità delle musiche di Bach (brani da “La passione secondo Matteo”, utilizzati anche nel film sul Vangelo del 1964). La simbologia religiosa ricorrente a me non ha creato problemi, così come il fatto che il destino tragico di Accattone (personaggio spesso connotato in maniera assai sgradevole) ripercorra in qualche modo la Via Crucis del Cristo, a cui Pasolini sarebbe arrivato tre anni dopo; fra i molti personaggi minori, in generale quelli maschili sono quelli meglio definiti, come se Pasolini li amasse di più, mentre fra quelli femminili mi è sembrata un po’ incompiuta la figura della prostituta Maddalena, forse a causa di una recitazione un po’ debole dell’attrice Silvana Corsini, costretta spesso a dimenarsi in maniera un po’ eccessiva. L’interpretazione di Franco Citti mi è sembrata invece dignitosa per un attore esordiente, ben servita dal doppiaggio di Paolo Ferrari (e il doppiaggio mi sembra che sia stato svolto con cura, con la partecipazione, fra gli altri, di Monica Vitti per il personaggio di Ascenza e di attori provenienti dalla compagnia di Eduardo De Filippo per i personaggi del clan dei Napoletani). Fra le varie sequenze, particolarmente memorabile il sogno funereo di Accattone che ricorda quello del professor Borg ne Il posto delle fragole di Bergman, uscito pochi anni prima; nel complesso un’opera molto personale e sentita, che secondo me non scade quasi mai in quel “manierismo” di cui spesso parlano i detrattori del regista. Nella copia televisiva che ho visionato, è tagliata integralmente la scena del pestaggio di Maddalena da parte dei napoletani (chi l’ha vista può dirmi se era una scena molto violenta?).
Voto 9/10
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta