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Accattone

Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film

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GIMON 82

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La recensione su Accattone

di GIMON 82
10 stelle

"Torna a scrivere che è meglio"

Un giudizio tagliente ed offensivo scagliato contro l'"Accattone" di Pasolini da un suo amico fraterno,Il "Vescovone" o mistificatore Federico Fellini.Il Federico nazionale doveva inaugurare la sua casa di produzione FEDERIZ proprio con l'esordio pasoliniano.Una volta visti i giornalieri,scaglio' contro Pierpaolo un giudizio svalutativo dell'opera,un incidente di percorso che compromettera'(momentaneamente) un epocale amicizia.Ma Pasolini se ne infischio' cocciutamente del parere "Felliniano",il riminese era un genio del cinema,avendo' pero' un animo contradditorio:egocentrico,umorale ed infantile.Il FEDERICONE non scalfi' la tenacia del poeta che trovo' in Alfredo Bini una sicura cassaforte nella produzione del film.Aveva ragione lui,il grande Pierpaolo,riuscendo a smentire l'insolenza Felliniana.ACCATTONE è un opera egregia,una poesia del suburbio romano,come quelle che scriveva P.P.P:uno scritto vitale,pulsante e mistico.La pellicola prima del poeta è un quadro luminoso,di quelli barocchi ed estatici,un dipinto al "sapore" di Mantegna in cui si viene rapiti da un aria poetica che pervade ogni passaggio filmico.ACCATTONE segna l'ingresso nel cinema di un uomo che fino a quel momento era il centro della cultura italiana.Un intellettuale brillante,arguto "dotato" di controversie che ne fecero bersaglio facile di apparati politici,culturali ed economici.Un personaggio sempre in prima linea contro un "mondo" che perdeva il "profumo" della sua cultura antropologica soppiantata dal consumo e dall'edonismo.Una lungimiranza profetica quella del grande Pierpaolo,dapprima uomo isolato,per poi diventare un "mucchio" di STRACCI e carne lacerata,nell'abominio di un campetto della periferia romana.Una fine orribile,celata in una cappa di "SILENZIO" in chissa' quale stanza di potere.La fine di Pasolini "uomo" avviene nella periferia romana dei suoi romanzi,in principio fu luogo del Pasolini regista negli spazi luridi e intrisi di fame da luogo sepolto agli occhi dei "piu'".Un mondo che il poeta amava,per il "candore" e la sacralita',legata ai beni primari della VITA."Accattone" è la metafora di cio',di una vita allo sbando,quella di Cataldi Vittorio alias Accattone,anima persa,"speranzosa" e disillusa,legata a doppio filo ad un tragico destino.Un pezzo di cinema che nel 1960 fece discutere,aggiungendone il veto della visione vietata ai minori di 18 anni.Accattone non è il povero "neorealista" di De Sica, figlio della guerra da cui lui e Rossellini "traevano" materiale sociologico e riflessivo."Accattone" è parte di un cinema atipico,di matrice poetica,vitale e "scapigliata".Un lembo di cultura antopologica di stampo controverso,di quelli che sul grande schermo non scendono a compromessi.A Pasolini non interessa il dramma sociale,quanto piu' quella VITA torbida e reale,aleggiante nei luoghi delle prostitute,ladri e papponi.Il poeta friulano usa la macchina da presa come un messagero o manifesto di una periferia "scrostata" inconciliabile con il sogno piccolo borghese della "Mamma Roma" di un anno dopo.Accattone vive la sua condizione da disgraziato con rassegnazione,dove aleggia un sottile velo religioso,esaltato dal potente lirismo delle note di Back.Una musica sacra che accostata alla luce del bianco/nero forma un connubio magnifico che accompagna le scene di lotta,un rotolarsi nel pulviscolo alla stregua di lottatori greco/romani.Un film che diviene pulsante nella sua "ribellione" candida all'interno di un microcosmo periferico destinato a sparire.E' da ribadire che questa pellicola nel 1960 spacco in due l'opinione pubblica tra che ne esalto' l'elegia e i soliti benpensanti che "sputarono" su di essa accuse di scabrosita'.Una genia senz'alto irripetibile,figlia del tempo che fu,oggi non esistono piu'  i sottoproletari che Pierpaolo rendeva barocchi nel loro destino di martiri di se stessi.Nel primo passaggio televisivo avvenuto nel 1971 lo stesso Pasolini ribadi' che sarebbe stato impossibile riproppore il corollario di visi emaciati figli di una cultura popolare oramai sbiadita.Un pezzo di umanita' che Pasolini prelevava nei luoghi desolati della periferia,un mondo di giovani diseredati,dalle vis immutate nella "religione del loro tempo" e in sogni premonitori come quello di Accattone,in cui Pasolini ci regala un pezzo di splendore registico.Un passaggio filmico dal tocco controverso e spiazzante,un elemento disturbante e affascinante nel contempo.Una profezia che si avvera per Accattone e ci lascia estasiati nel valore di un opera che continuera' a fare epoca."Accattone" rimane un opera "da ricordare"  ,anche per un scelta mirata degli interpreti,con Franco Citti novello "Lazzaro" di periferia,un borgataro dal viso asciutto e un espressione amara,un corpo e un animo penalizzati da un doppiaggio che risulta l'unica "pecca" del film.Un "materiale" umano da studio antropologico che non si "sforza" di essere qualcuno,dato che è semplicemente se stesso.Una periferia langosa resa dal genio "Pasoliniano" delizia per gli occhi,alla faccia di chi non ci credeva,ovvero Fellini "Il Vescovone"......

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