Regia di Jean Renoir vedi scheda film
Un film sopravvalutato e osannato dalla critica di tutti i tempi, considerato una grande celebrazione dell’anarchia, una ferma condanna del perbenismo borghese, una caustica satira delle ipocrisie classiste. Ma - accanto a questi indiscutibili meriti - presenta una struttura semplicistica, una trama sfilacciata e delle cadute di stile sconcertanti.
Lo salva solo il fatto che è del 1931 e fa parte della storia del Cinema, contenendo un uso innovativo dello spazio, dei toni, dei movimenti di macchia, delle inquadrature e del montaggio.
Racconta la stramba avventura di un clochard parigino che viene salvato dal suicidio per annegamento da un brav’uomo che ha una libreria che si affaccia sulla Senna: il libraio non solo lo ripesca dalle acque limacciose del fiume, ma se lo porta a case e lo “adotta”. Fin da subito però il selvatico barbone, incapace di adattarsi alle più scontate fra le regole della convivenza civile (leggi “borghese”), gli procura un’infinità di guai devastandogli casa e tentando perfino grossolani approcci con la moglie e con la cameriera (e amante) del suo salvatore.
Il film fu voluto e finanziato dal protagonista Michel Simon che vide in una commediola di Fauchois (Boudu sauvé des eaux) un soggetto fatto su misura per lui (ma non del tutto originale perché ricavato a sua volta dell'atto unico Il coraggio del commediografo vernacolare toscano Augusto Novelli; un libretto da cui trasse un film - con Totò e Gino Cervi - perfino Paolella, un prolifico regista italiano, autore di decine di film e centinaia di documentari e direttore della gloriosa “Settimana Incom”).
Probabilmente Renoir cedette alle pressioni di Michel Simon che garantiva incassi sicuri essendo un attore allora famosissimo (lo vedremo pochi anni dopo nel film L'Atalante di Jean Vigo).
Il successo infatti, racconta lo stesso Renoir, “fu superiore alle nostre speranze” e sorprese il regista che sicuramente era consapevole della scarsa qualità del suo lavoro.
Renoir, figlio del pittore impressionista Pierre-Auguste, si riscatterà poi con una trentina di film considerati capolavori della nouvelle vague e con altrettante sceneggiature tratte però da autori di diverso spessore rispetto alla modesta Fauchois (Zola, Andersen, Feydeau, Simenon, Gorkij, Maupassant, Mirbeau, Merimèe).
È vero - come sostiene Godard - che Michel in questo film è “comico, buffo, burlesco, strabiliante”, ma è anche strabordante e gigione, e in alcune scene in cui recita a soggetto strafà in modi quasi imbarazzanti. E Boudou, il personaggio, è sì libero, insofferente, anarchico, quasi un monumento alla concezione naturalistica e sensuale dell’esistenza e dell'insofferenza anarchica per ogni regola, ma le intenzioni provocatorie dell’autore (o forse le incontenibili sottolineature grottesche dell’attore) ne fanno una macchietta a tratti penosa, un monumento carico di retoriche indigeste, ben lontano da Chaplin o da Keaton ai quali - evidentemente - non si ispira.
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