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Puerto Escondido

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Puerto Escondido

di axe
6 stelle

Mario, un bancario di Milano, dopo essere stato testimone di alcune malefatte di un commissario di polizia e aver rischiato di essere ucciso dallo stesso, non avendo legami in Italia, si rifugia in una località di mare del Messico chiamata Puerto Escondido. Dopo un po' non riesce più ad utilizzare la carta di credito, pertanto si trova in difficoltà economica. In questo contesto, fa amicizia con Alex, un altro italiano che, dopo aver girato il mondo, ha scelto di stablilirsi nella città messicana. Mario ed Alex, insieme ad Anita, la compagna di quest'ultimo, tentano una serie d'imprese per far soldi, senza perè riuscire. Con questo ultimo film della "tetralogia della fuga", il regista Salvatores ripropone le sue consuete tematiche. Spicca il contrasto tra la Milano frenetica ed "affaristica" mostrata nelle sequenze iniziali e la cittadina messicana, anch'essa piena di vita, ma più a misura d'uomo. Pochi ma "sinceri" divertimenti, molta natura incontaminata e tranqillità rendono questa località il luogo ideale per chi vuole vivere al riparo dagli affanni della modernità. Ma non tutto va come previsto; anche qui, le dinamiche del consumismo vincolano i personaggi. Le varie imprese, attuate dai tre con una certa ingenuità, non hanno successo, e l'epilogo li vede finire prigionieri della polizia in conseguenza di una serie azioni illegali, viziate o motivate da un'indole incline alla generosità, la quale li tratteggia, con una certa impietosità e malinconia, come vittime di un'illusione; il rifugio che hanno scelto non è riuscito a proteggerli dai retaggi della società dei consumi, e, del resto, non è neppure il paradiso che era apparso all'inizio. Seppur con una certa superficialità, Salvatores racconta il Messico come una nazione ricca di contraddizioni. Dietro l'apparente spensieratezza degli abitanti, si nasconde l'acredine che nasce dalla povertà, dalle profonde disparità sociali, da una costante limitazione delle libertà. Tra gli attori ho apprezzato Diego Abatantuono e Claudio Bisio; i due recitano in buona sintonia, con dialoghi arguti, che ben li caratterizzano. Il primo interpreta il bancario Mario, un uomo che fa della fuga la sua ragione di vita; nel momento in cui, però, il pericolo che l'ha costretto ad allontanarsi dall'Italia non esiste più, egli si sente come svuotato. Claudio Bisio interpreta Alex, un giramondo che ha scelto di vivere alla giornata, lasciando prendere molte decisioni alla volitiva compagna Anita (una Valeria Golino un po' fuori ruolo) e trascinando con sè il più prudente Mario. Ciò che non ho apprezzato di questo film, oltre ad una certa superficialità nella descrizione di luoghi e contesti, è l'assurdità della trama. La sceneggiatura soffre di buchi profondi, dall'inizio alla fine. Trovo poco plausibili gli eventi che spingono Mario alla fuga; ancor meno plausibile il suo successivo silenzio; men che meno il pentimento del commissario-malfattore e sulla causalità dell'incontro con il protagonista; per nulla plausibile la conclusione. Ciò mina la credibilità del racconto, che comunque regge grazie alla coppia Bisio/Abatantuono, alla colonna sonora, alla fotografia, ed alle belle sequenze che mostrano un Messico ancora poco battuto dal turismo.

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