Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Sceneggiatura debole ma filmetto accattivante .
Quando Gabriele Salvatores produceva ancora film interessanti , ha girato questo , ultimo capitolo della cosiddetta " tetralogia della fuga " , ispirandosi all' omonimo romanzo di Pino Cacucci . Diego Abatantuono , attore feticcio di quel periodo , è un funzionario di banca testimone di un delitto commesso da un poliziotto corrotto . Per non essere fatto fuori , fugge in uno sperduto villaggio messicano , dove fa comunella con una coppia di italiani che campano di espedienti . La pellicola è un continuo susseguirsi di vicende tragicomiche basate sui loro svariati tentativi di arricchimento ( o meglio di sopravvivenza ) , destinati comunque a finire sempre male , sullo sfondo dell' incontrastabile povertà di un popolo calpestato da secoli di storia . Questo film , libertario ma un po' sfilacciato , stemperato da un tono sempre ironico , è un' amara considerazione sulle condizioni del Sud del mondo , dove , nonostante la cronica miseria , può bastare poco per sentirsi in pace con sè stessi . Il tutto sottolineato dalle più belle e classiche melodie centroamericane . Bravi tutti gli interpreti , dallo spaesato e schizzinoso Abatantuono , all' ingenuo e maneggione Bisio , dalla svampita e fumata Golino al bifronte Carpentieri , con il simpatico cameo di un poco riconoscibile Bentivoglio . Nonostante una sceneggiatura un po' debole e bucaticcia , gli do 6,5 .
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