Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Un bancario (Diego Abatantuono) viene assurdamente sparato da un misterioso commissario polizia, tra l’altro recidivo. Al suo risveglio in ospedale, Mario non si ricorda nulla: pressato dal commissario stesso e dal suo collega, assiste ad un nuovo omicidio del commissario, il quale gli racconta che lui stesso gli è complice. Mario decide di scappare a Puerto Escondido, dove comincia una nuova vita, che però si rivela pericolosa almeno quanto quella milanese, soprattutto dopo aver allacciato l’amicizia con due spostati (Valeria Golino e Claudio Bisio).
La frase iniziale di Eduardo Galeano, che fa riferimento alla necessità di premettere i bisogni primari a quelli artificiali, rispecchia la tematica del film, che però è troppo salvatores-centrica, ossia fondata sulla volontà di scappare da uno spazio-tempo che pare foriero di un male assoluto, in cui occidentale e moderno sono sinonimi di cattivo e ingiusto, in cui Abatantuono deve necessariamente cimentarsi con una lingua straniera monologando oltre ogni limite e i feticci come Ugo Conti, Fabrizio Bentivoglio e Antonio Catania, seppur con poche pose, debbono esserci.
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