TRAMA
Il bancario milanese Mario è l' involontario testimone dell'omicidio di un alto funzionario di polizia. Braccato dall'assassino, fugge in Sudamerica, sperando di poter vivere come un novello Fu Mattia Pascal, ma in Messico la vita senza paracadute corre veloce e senza sconti, e anche il passato tornerà a visitarlo.
RECENSIONE
Ultimo film della quadrilogia escapista del regista milanese, iniziata in salita con Marrakech express (1987), proseguita con Turné (1990) e su su fino alla vetta dell'Oscar di Mediterraneo (1991).
La discesa era inevitabile e Puerto escondido, dei quattro, è il più debole. I topoi salvatoresiani si ripetono un po' stancamente sebbene il quadro qua sia ancora più amaro: gli amici sono quello che sono, nel bene e nel male; la vita ti fa invecchiare senza certezze, e alla fine sono sempre le tasse a ciucciarsi tutto, fino al midollo (il banco vince sempre); resta ferma la meditazione sul nemico: attenti a valutarlo tale perché un giorno magari sarà proprio lui a ripararti la ruota, mentre sei in panne nel deserto dei tuoi guai.
La pellicola è invecchiata non bene, il trio Abatantuono Bisio e Golino funziona a tratti, e la superba fotografia di Italo Petriccione, da sola, non basta a riscattare tutta l'operazione.
Restano un bel viaggio trasognato (con tanto di peyote castanediano), una storia senza grandi pretese, e certe considerazioni sull'Italia degli anni '90 ancora attuali; e questo non sappiamo se sia proprio un bene.
Noi non possiamo non amarlo: avevamo vent'anni.
Per salvatoresiani incalliti.
vedi videorecensione https://www.youtube.com/watch?v=Ofjhv-uK-OM&t=755s
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta