Regia di Henry King vedi scheda film
Nella Hong Kong degli anni cinquanta, nasce l'amore tra Han Suyn (Jennifer Jones), una dottoressa euro-asiatica, e Mark Elliott (William Holden), un giornalista corrispondente di guerra. I due si frequentano e vorrebbero sposarsi, ma ci sono parecchie difficoltà, dovute al fatto che Mark è già sposato, e la famiglia della donna non sembra molto propensa a che lei sposi uno straniero. Senza dimenticare la rivoluzione che è appena scoppiata in Cina.
Uno dei più celebri film sentimentali che Hollywood abbia mai sfornato, tratto da un noto bestseller scritto dalla stessa Han Suyn, e prodotto dalla 20th Century Fox con un gran dispiego di mezzi.
Il film all'epoca ebbe un successo considerevole (anche in Italia) e potrebbe essere accostato a veri e propri classici del genere come "Via col Vento", "Casablanca" e "Il ponte di Waterloo". Ma a mio modesto avviso "L'amore è una cosa meravigliosa" risulta di gran lunga inferiore rispetto alle succitate pellicole. Nonostante il potenziale drammatico offerto dalla vicenda narrata, l'intreccio risulta piuttosto statico e senza sorprese, dal momento che la sceneggiatura è infarcita di tutti i possibili cliché che si ha il timore di ritrovare all'interno di un film sentimentale. I dialoghi risultano infatti il più delle volte stucchevoli e zuccherosi oltre il livello di guardia e la pellicola finisce per non avere l'impatto emotivo che ci si aspetterebbe. La regia poi è senza sorprese e piuttosto incolore, e ciò è abbastanza strano, dal momento che a dirigere è Henry King, uno dei maestri del cinema hollywoodiano degli anni d'oro; il regista, in questo caso, non riuscendo a trovare una cifra stilistica adeguata, si limita a dirigere con correttezza ma senza un vero approccio personale.
Alla fine, gli elementi migliori rimangono le interpretazioni di un ottimo William Holden (assolutamente perfetto per la parte) e di Jennifer Jones, la quale offre qui una delle sue prove più convincenti. Le belle ambientazioni, le scenografie e la magnifica fotografia di Leon Shamroy testimoniano invece ancora oggi le potenzialità produttive e spettacolari di una Hollywood che non c'è più, da leggere tutte in positivo. Celeberrimo il motivo musicale di Alfred Newman, anche se nella pellicola è utilizzato in maniera forse un po' troppo enfatica.
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