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Opera

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su Opera

di scapigliato
8 stelle

Uno dei suoi film migliori è anche quello che fa da spartiacque tra il primo e il secondo Dario Argento. Nonostante la parentesi del successivo “Il Gatto Nero”, elegante, bello, avvincente e senza pietà alcuna, con “Trauma” si apre un ciclo di film che, sebbene i primi abbiano molto da dire, non hanno entusiasmato, ma hanno semplicemente perpetuato altalenamente quello che di Argento ci piace di più. Molti sono i titoli che andrebbero rivalutati, come “Nonhosonno”, altri salvati in extremis come “Il Cartaio”. Cestinati completamente no, non c’è motivo. Quindi con “Opera” non solo assistiamo allo sfogo del regista contro un periodo burrascoso della sua vita e alla sua rivincita verso chi non gli permetteva la rivisitazione horror del “Rigoletto”, ma assistiamo anche all’ultimo grande film prima di un lungo filotto di opere interessanti e pur sempre belle, ma prive di una totale padronanza autoriale. Filotto che si interromperà una prima volta con “Nonhosonno”, e più avanti con il “Jenifer” televisivo di “Masters of Horror”.
In “Opera” ciò che colpisce, come abitudine in Argento, non è la trama e il suo sviluppo, neanche poi più di tanto telefonato come nelle opere future, ma bensì l’uso dell’immagine e del linguaggio filmico atti a fallimentare e distruggere le classiche teorie sullo sguardo. Lo sguardo del nostro autore, si sa, è uno sguardo ambivalente. L’introduzione della soggettiva dell’assassino, con l’aggiunta che la mano che uccide è quella proprio del regista, servono a destabilizzare il ruolo sia dell’autore che quello dello spettatore. Dopo questo è facile, credo, intuire come in “Opera” la costrizione scopica e la condanna-coazione a guardare i delitti siano un vera dichiarazione di poetica ad un punto della carriera in cui quasi non ce ne sarebbe bisogno. Eppure Argento ci prova e fa centro. Gli occhi sono tra l’altro tra i bersagli preferiti dell’assassino: oltre a quelli della protagonista, spalancati davanti ad un vero teatro grandguignolesco, quello di Daria Nicolodi viene perforato da un proiettie e quello dell’assassino estirpato da corvo vendicativo. Se nell’economia argentiana lo sguardo è l’elemento più importante, qui diventa addirittura strumento eversivo.

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