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Deviazione per l'inferno

Regia di Edgar G. Ulmer vedi scheda film

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La recensione su Deviazione per l'inferno

di alan smithee
9 stelle

La voglia di risalire la china, di riscattarsi da un passato ed un presente grami ed ingrati, e il desiderio di riunirsi alla propria fidanzata cantante, spinge un dotato musicista di piano bar a cercare pure lui fortuna, intraprendendo un lungo viaggio “coast to coast” da New York fino verso a Los Angeles. Senza un soldo se non quattro spiccioli per mangiare, l’uomo cerca affannosamente di fare l’autostop, e finalmente trova un passaggio da parte di un benestante uomo d’affari, diretto pure lui verso la città degli angeli.

Un uomo che appare subito un po’ losco, trafficante e scommettitore clandestino, con vistose ferite su mani ed avambraccio che ostenta come trofei. Nel darsi il cambio alla guida, il proprietario si addormenta, ma quando il nostro protagonista tenta di svegliarlo per farsi aiutare a fissare la capote alla vettura, si accorge che l’uomo è morto, probabilmente a seguito di un infarto nel sonno.

Spaventato, decide di abbandonare il corpo dietro un cespuglio, certo che, se denunciato l’accaduto, sarebbe stato incolpato di omicidio preterintenzionale.

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Ripreso il viaggio con l’identità del morto, approfittando di una pur lieve somiglianza fortuita tra i due, l’uomo si imbatterà poco più avanti in una giovane avvenente donna, a cui offrirà un passaggio, dando così malauguratamente inizio ad un vero e proprio viaggio da incubo, in grado di coinvolgere l’uomo in una trappola senza uscita.

Splendido, asciutto, fondamentale noir datato 1945, Detour – Deviazione per l’inferno nasce come un B-movie veloce, schietto, probabilmente e soprattutto a causa della scarsità di mezzi economici, che a volte, come in questo caso, è la ricetta più coerente come strumento per restare lucidi ed evitare lungaggini inutili e devianti: ne scaturisce pertanto un thriller torvo e concitato, forte di una femme fatale da manuale (la interpreta con grande motivazione e carattere l’attrice Ann Savage), ed in grado di raccontare il suo incubo senza apparente soluzione, senza ricorrere a inutili riempitivi atti a soddisfare esteriori e fuorvianti esigenze commerciali, rimanendo piuttosto aggrappato saldamente al suo personaggio dannato e perdente, forsennatamente impegnato alla ricerca strenua di uno spiraglio utile e necessario a far riaffiorare la verità che consenta di tornare a far respirare aria pulita.

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In regia il re del B-movie che spazia dall’horror al thriller, al film d’avventura: Edgar G. Ulmer, qui davvero al suo meglio, in grado di confezionare un caposaldo del noir che non sfigura di fronte a capolavori assoluti (di serie A) come il quasi capostipite Fiamma del peccato di Billy Wilder (1944).

Grande prova di un attore poco noto ma perfetto, Tom Neal, con quel suo volto antico, spaurito e da bravo ragazzo ingenuo coinvolto in un imbroglio più grande di lui.

La vita poi, come succede anche nella realtà, coinvolge in situazioni esasperate ed apparentemente senza uscita, e successivamente la fatalità trova all’interno di sé stessa le soluzioni più appropriate e naturali per fornire spiegazioni esaustive ai fatti misteriosi e alle morti che hanno tracciato il cammino del nostro sfortunato e mite protagonista in cerca di riscatto e dignità.

 

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