Regia di Mario Gariazzo vedi scheda film
Gariazzo è stato un mestierante del cinema italiano di genere che ha avuto modo di lavorare fra la fine dei Sessanta e i primi Novanta, licenziando quasi una ventina di pellicole; tutti prodottini di scarsi mezzi e ancora meno idee, come testimonia questo Acquasanta Joe. Gli esordi del regista furono nel segno dello spaghetti western, che all'epoca andava per la maggiore; ma anche all'interno del filone, particolarmente fitto di titoli, esistono lavori di serie A, B, C e via via fino alla Z. Questo appartiene a una delle ultime lettere dell'alfabeto senza dubbio, sebbene non necessariamente alla Z (che di diritto spetta solamente ai veri e proprio geni del trash involontario come Tanio Boccia o Demofilo Fidani); Gariazzo fa tutto il possibile per cucire assieme una storia degna di tale nome e ciò gli va riconosciuto, ma fra interpreti, scene e costumi, sceneggiatura e la stessa regia è difficile scegliere il punto debole del film. Il regista è anche autore del copione, firmato insieme a Ferdinando Poggi (alla sua unica esperienza di questo tipo, in quanto solitamente stunt/attore); inutile infierire dettagliando le ragioni per cui la trama non funziona e risulta già stravista cento volte in pellicole uscite negli anni precedenti (il fenomeno dello spaghetti western esisteva ormai da 7 anni, cioè dal 1964, e ogni anno sfornava varie decine di titoli). Nel cast: Richard Harrison, Ty Hardin, Piero Ceccarelli, Lincoln Tate e, in una particina, il caratterista Tuccio Musumeci con spiccato accento siculo (nel west, si ricorda). Toni sguaiati, ritmo basso, emozioni rare. 2/10.
Nel far west imperversa una banda di rapinatori che utilizza come arma un cannone da guerra. Le imprese dei banditi proseguono fino a che incrociano la loro strada con quella del cacciatore di taglie Acquasanta Joe.
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