Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
Una cultura retriva e maschilista fino all'ottusità come quella siciliana della prima metà del Novecento è l'ambientazione de "Il bell'Antonio", dal romanzo omonimo di Vitaliano Brancati, che collocava la vicenda durante il Fascismo, mentre il film di Bolognini la sposta al dopoguerra: di qui, le tribolazioni di Antonio Magnano, giovane di bella presenza, tornato dal "continente" nella Catania in cui il padre, incrollabile nel suo credo circa il Maschio dominatore e fottitore deve presentare al sussurrante popolo di vicini e conoscenti le credenziali di un erede altrettanto virile e sciupafemmine. L'indelicatezza di tutti, la superficialità vacua di una società che preferisce sparlare ed occuparsi dei problemi esterni che guardare i propri per timore di averne orrore schiaccia il protagonista, che nonostante il suo defilarsi ( e il film, nella seconda parte, lo lascia fisicamente fuori dal racconto per un bel pò) subisce la pressione indegna di chi specula sulle sue difficoltà: la regia di Bolognini, su una sceneggiatura cui ha messo mano anche Pier Paolo Pasolini, è accorta e raffinata,e gli attori ben rispondono (perfino il francese Pierre Brasseur, da più d'uno reputato poco adatto al ruolo del padre dispotico e ignorante).Per la fine degli anni Cinquanta in cui è uscito al cinema, un film più avanti nei tempi.
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