Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Oggetto curioso questa Armata Brancaleone (1966), che ancora una volta di più mostra il grande talento del regista Mario Monicelli, troppo a lungo relegato dalla critica solo come ottimo artigiano, quando in realtà è stato una delle voci più originali della commedia, sfruttando i canoni del genere per creare ritratti di un'epoca. Sulla scia della Grande Guerra (1959), Monicelli adatta i canoni della commedia nostrana inserendolo in un contesto storico che questa volta coincide con il medioevo, senza però voler cercare alcuna pretesa di realismo sia negli eventi che nei costumi, poiché abbiamo una reinvenzione della storia ambientata nel XI secolo all'alba della prima crociata, mescolata con situazioni ed anacronismi vari, di cui i più evidenti sono i vestiti dei personaggi, specie quelli del cavaliere Brancaleone da Norcia (Vittorio Gassman) e Teofilatto dei Leonzi (Gian Maria Volonté), quest'ultimo addirittura sembra uscito da una pellicola oriebtale, con una veste ed il modo di portare la lancia più vicino ad un samurai giapponese che ad un uomo vissuto nel medioevo italiano, sino a sfociare in barocchismi costumistici da pellicola Felliniana nella presentazione della famiglia Leonzi con il loro vestiario dal sentito sapore mediorientale o i regali panni di Matelda (Catherine Spaak), tipici di una principessa asiatica, tutto questo grazie al lavoro di Piero Gherardi, il quale aveva lavorato varie volte con Fellini.
Sviluppandosi in modo frammentato, ondivago ed episodico, il film risulta coerente con il termine armata Brancaleone, entrato nel lessico comune, per indicare un'accozzaglia di individui dalle differenti idee, che si muovono in modo confuso, con il tema musicale iconico di Carlo Rustichelli e gli ottimi titoli di testa, che accentuano il carattere picaresco delle vicende tra vita e morte, sacro e profano, con comicità fusa a scontri sanguionolenti, per attestare comunque il periodo storico in cui è ambientato il film.
Brancaleone da Norcia è tutto tranne che un eroe, muovendosi in lungo e in largo per le lande, insieme ad un manipolo di accattoni come il notaio ebreo Abacuc (Carlo Pisacane), Pecoro (Folco Luli), Tacconi (Gianluigi Crescenzi), Mangoldo (Ugo Fangareggi) a cui si unirà il principe bizantino Teofillatto girovagando tra un posto e l'altro vivendo rocambolesche avventure, interloquendo tra loro in un italiano dialettale mescolato con evidenti arcaismi e latinismi, creando un'idioma immaginario, ma capace appieno dei personaggi vividi poiché percepiti in questo modo dallo spettatore che figure tangibili che vivono in un determinato contesto che non è quello presente, creandobin questo modo un realismo dell'immaginario, frutto di una fusione tra linguaggio basso e quello aulico, con buffi risultati sul piano comico, specie nel modo pomposo in cui si esprime Brancaleone nel suo ebbro istrionismo (strepitoso Gassman), che sembra chissà cosa ed invece è solo un cialtrone che accumula disastri in successione, seguito nei suoi fallimenti dai suoi compagni, con un Gian Maria Volonté amabilmente dissacrato rispetto ai ruoli per cui lo conosciamo e dispiace che Monicelli a distanza di anni rimpianga l'imposizione produttiva e la sua prima scelta per il ruolo che era Raimondo Vianello, quando l'attore milanese risulta buffo con il suo voler essere a tutti i costi sagace ed intelligente, non riuscendo a combinare anche lui qualcosa di buono. Monicelli sembra dire che anche nel medioevo virtù e vizi tipici del popolo italiano erano i medesimi, non essendo poi cambiato molto rispetto a quei tempi, poichè divisioni, litigiosità e andare avanti senza un orizzonte preciso sono ancora mali atavici ben presenti nel nostro paese, dimostrando ancora una volontà la capacità analitica del regista capace di creare un capolavoro cinematografico e lessicale tutto da gustare nella sua costruzione.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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