Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Restaurato e riconsegnato ai legittimi proprietari, gli spettatori orfani della vera, intelligente commedia all'italiana. Non sembra neppure un film del '66, se è vero che un film va valutato a distanza di tempo per apprezzarne le qualità allora questo è il più fulgido esempio di capolavoro intramontabile. Monicelli ha sempre amato i perdenti, gli idealisti, lo strato sotto la superfice dell'urbano borghese perbenismo, usa il popolo più vicino al baratro per deridere chi sta sopra, con amarezza e disincanto ma senza rinunciare a sorridere. La congrega degli straccioni che si aggira brancaleoneggiando, appunto, aggettivo che ha preso corpo e statura che solo alle grandi creazioni letterarie è concesso, alla ricerca dell'agognato feudo che una pergamena trafugata dà diritto di possedere sembrano fuoriusciti da un fumetto di Magnus, con quei personaggi al limite, lo sghembo marciare, cialtroni e sognatori, quei visi caricaturali. Sembrano creature dei Monty Phyton nell'assurdità delle vicende, nei titoli di testa a fumetti e con qel motivetto medieval-ironico che non si riesce più a scordare. Il film però è realizzato prima degli scalcinati eroi della Compagnia della Forca o del folle reame di Maxmagnus. E viene prima anche delle follie di Terry Gilliam e del primo delirante film dei Monty Phyton alla ricerca del Graal....la commedia all'italiana regalava fior di pellicole immortali, che confrontate con le semi fiction di ora sembrano realizzate da alieni. Invece no il talento è ciò che ai giorni nostri scarseggia. Manca chi ha la capacità, la cultura, l'ironia di inventarsi una pseudolingua tra l'aulico e il volgare, coniando lemmi assolutamente inesistenti ma in grado di "suonare" medievali. Age e Scarpelli e Monicelli ad esempio. Mancano le facce di Gassman Brancaleone da Norcia de del suo Aquilante il cavallo giallo il cui nome riprende l'Aquilant personaggio minore dell'Orlando Innamorato. Mancano le facce dei caratteristi che hanno nobilitato con l'arte del comprimario di razza tutta la storia del nostro cinema, come Folco Lulli e CArlo Pisacane e attori di razza che si prestano al gioco come Chatrine Spaak e Gian Maria Volontè. L'armata Brancaleone dopotutto riprende nella struttura narrativa altri capolavori riconosciuti di Monicelli. Così come nel medioevo si muovono le scalcinate truppe di Gassman, spaesati di fronte ad un futuro incerto, divisi tra superstizione e religione, un' armata simile è riscontrabile ne I soliti ignoti, ladri cialtroni in un miracolo economico che ancora doveva comparire all'orizzonte. Così come nelle zingarate dell'armata dei compagni di Amici miei si riconosce l'amara disillusione per un mondo che perdendo identità e creando disparità può essere solo ferocemente deriso. Così come in Temporale Rosy, il gruppo di teatranti del catch feminile sono molto più vicini alle colorate e sgangherate fila di scudieri di Brancaleone da Norcia. Poveri, idealisti, perdenti. Ogni gruppo con un proprio gergo un proprio vernacolo coniato apposta per rappresentare l'appartenenza a qualcosa di diverso inintelleggibile da fuori e di cui il latino volgare de L'armata Brancaleone rappresenta il punto di genialità più alto. Veramente Ottimo. --solo un'annotazione, nella scheda film viene inserito Paolo Villaggio quando invece egli è presente nel seguito Brancaleone alle crociate, mancando invece l'indicazione di Enrico Maria Salerno nello spiritato esilarante ruolo di Zenone il santone.
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