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Le 12 fatiche di Asterix

Regia di René Goscinny, Albert Uderzo vedi scheda film

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La recensione su Le 12 fatiche di Asterix

di Immorale
8 stelle

Cesare sospetta di divinità i galli e propone loro di sottoporsi a dodici prove “impossibili” per dimostrarlo o, in caso di fallimento, arrendersi ai romani. Asterix e Obelix vengono incaricati dell’impresa.

Probabilmente questo film animato non è il migliore adattamento delle strisce di Goscinny e Uderzo (al contrario, tenuto conto che l’albo a fumetti uscì dopo il film), ma è quello a cui sono più legato. Visto innumerevoli volte da bambino, ho considerato la (ri)visione di questo classico come un sorso di nettare degli Dei (senz’altro più digeribile di un cosciotto di cinghiale) in una serata televisiva infarcita di (ennesime) repliche. Le trovate divertenti si sprecano, partendo dalla mono ipertrofia del braccio del campione di giavellotto persiano fino allo scontro con il piccolo goto judoka, passando per la temibile prova dell’isola del piacere, ove i nostri eroi devono resistere alle màlie di bellissime sacerdotesse danzanti purtroppo rigorosamente vegetariane (della corrente “ambrosiana), per disgrazia e disappunto di Obelix. Probabilmente neanche Eracle avrebbe superato la prova del non solo pantagruelico ma anche gargantuesco banchetto preparato da Mannekenpix, il famigerato “cuoco dei giganti”. Fino ad arrivare all’idea più geniale della pellicola, la prova della “Casa che rende folli”: mai rappresentazione del moloch burocratico che affligge la vita di ogni (povero) cittadino perso tra orari d’ufficio impossibili (esperienza personale, mi capitò tempo fa un ufficio comunale accessibile al pubblico solamente il martedì dalla 09,30 alle 10,30), addetti scansafatiche, porte chiuse e capiufficio goduriosi cullati dalle loro piacenti segretarie, è stata rappresentata in maniera più divertente. Fatiche sovrumane sempre introdotte dalla flemma e dalla vocina àtona dell’onestissimo arbitro Caius Pupus e contrappuntate da battute a volte folgoranti. La staticità del tratto e alcune pecche (il fiacco finale), oltre alla palese anti-modernità del tutto,  probabilmente renderebbero indigeribile la visione al pubblico giovanile moderno, al quale però mi permetto di suggerire che “non è l’abito che fa il druido” e di riportare un ammonimento  comportamentale dato nientemeno che dall’augusto imperatore romano: “Bruto, smettila di giocare con il coltello, finirai per ferire qualcuno !”.

Sulla trama

Erculea.

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