Regia di Tim Burton vedi scheda film
Al giorno d'oggi Tim Burton viene considerato un regista sopravvalutato e definitivamente bollito, prendendosi scherni ed insulti ad ogni sua nuova pellicola, ricevendo accuse varie di essere un regista per gli emo ed i dark, sfruttando in sostanza la subcultura come moda per acchiappare pubblico mostrandosi eccentrico a tutti i costi. Un calo oggettivamente c'è stato nella qualità delle opere del regista negli ultimi 10-15 anni, tanto da non aver voluto vedere nè Miss Peregrine e la Casa dei Bambini Speciali (2016) e nè Dumbo (2019), unendomi così al coro degli anti-Burton abbastanza stupidamente per poi riflettere nel tempo sulla sua poetica riguardante i freaks a favore dell'esaltazione della diversità contro una società omologata, che rigetta come anormale tutto quello che non capisce o non può controllare, cercando il mostro in un qualcosa sempre di esterno e mai dentro di essa. Visti i tempi in cui viviamo la poetica di Burton acquisisce un sapore di resistenza, anche se obiettivamente ha bisogno di un forte scossone di rinnovamento dal punto di vista sia tematico che formale, a maggior ragione alla luce delle prime opere del regista, di cui ho finalmente recuperato e visto già più volte Beetlejuice - Spiritello Porcello (1988) e dopo la visione mi spiace averlo visionato solo adesso, perchè è una pellicola seppur legata al decennio di uscita, comunque ha uno stile molto fresco assicurando tra l'altro molto divertimento.
Per Burton la morte non è mai stato un atto negativo, pur non elogiando l'atto in sè (Burton nel film depreca il suicidio ad esempio, facendo desistere dal proposito la piccola Lydia), comunque la vede come un evento lontano dalla cupezza con cui solitamente è stata affrontata, concependola in una modalità totalmente laica e con uno spirito più positivo. Adam (Alec Baldwin) e Barbara (Geena Davis), sono una giovane coppia appena sposata che conduce una tipica esistenza borghese fatta di una bella casa e di un bisogno di dover concepire i figli per conformarsi alle aspettative della società, un incidente d'auto improvviso li porta alla morte, eppure tolto il momento della scoperta shockante ed il non poter lasciare la casa in alcun modo, la vita come spettri non è così male perchè sono finalmente liberi dalle preoccupazioni terrene come il lavoro, potendosi così occupare dei loro hobby (Adam adora il suo modello in plastico del paese). L'arrivo di un nuovo nucleo familiare composto dagli eccentrici Charles, Delia e dalla figlia Lydia, invade un luogo sentito come privato, così Adam e Barbara s'ingegnano con poco successo dei tentativi di spaventarli, ma sono limitati dal fatto che sono sia inesperti e sia invisibili agli occhi degli umani, in loro aiuto si presenta Beetleguise (Michale Keaton), un bio-esorcista dalle ottime referenze ma con un'indole turpe e degradata.
Una commedia nera, ricca di invenzioni visive partendo dalla meravigliosa danza finale di una levitante, raggiante e meravigliosa Winona Ryder sulle note di "Jump in the Line", ma anche per l'altra più iconica sequenza del film, la possessione sulle note di "Banana Boat Song (Day O)" con tanto di danza calypso di Catherine O'Hara e soci posseduti dagli spettri dei coniugi Adam e Barbara, creando così una concezione di morte dove vige una sorta di contrappasso per alcune tipologie di cause di morte (tipo il suicidio ti obbliga a scontare anni come impiegato postale, un'altra volta Burton condanna il gesto in sè, a differenza magari di un Kitano che invece esalta l'atto in sè come massimo controllo dell'essere umano sulla propria vita), ma sempre con una concezione positiva e divertente, arrivando a miscelare varie arti e stili, fondendo il live action con uno stile espressionista anni 20' dove la pavimentazione del mondo dei morti con quelle sue geometrie allucinate ricorda Il Gabinetto del Dottor Caligari (1920) con luci sparate derivanti dalla concezione pop del cinema di Mario Bava con inseriti abbondanti di stop motion nel rappresentare i vermi giganti di Saturno pronti a divorare Adam e Barbara se escono fuori casa loro, ricordando gli esperimenti dei corti di Jan Svankmajer, regista cecoslovacco abile creatore di surreali esperimenti visivi tramite l'arte della cosificazione, riconducendo gli oggetti organici alla materialità rustica (calzini, plastichina, bottoni e fili per cucire). Escono fuori così immagini sempre fresche, con continue invenzioni visive una dietro l'altra, che vanno ben al di là di una storia normale quanto semplicistica nello sviluppo, ma risulta un qualcosa di negativo come i detrattori dell'opera sostengono, perchè Burton è sempre stato un regista che nei tempi migliori della sua arte, poggiava le proprie opere su una costruzione visivamente aggressiva delle scenografie, risultanti molto originali nella concezione, per creare dei mondi stravolti nelle prospettive e alterate rispetto ai canoni geometria euclidea, per amalgamarsi con la sensibilità d'animo profonda del regista verso i suoi personaggi, risultando così fieramente avverso all'omologazione e a favore di chi si fa portatore di una visione alternativa della realtà. Charles, Delia ed il fratello di quest'ultima Otho sono tre rincoglioniti totali e per questo piatti nelle loro personalità dall'inizio alla fine del film, mentre Adam e Barbara nella morte acquisiscono un senso di liberazione che prima mancava del tutto in loro, perchè costretti (magari anche inconsciamente) a dover sottostare ad una vita omologata, grigia e grama dal punto di vista dello sviluppo di una propria indole personale.
Il punto di congiunzione tra vivi e morti è Lydia (Winona Ryder, brava attrice che naturalmente il sistema Hollywood ha fatto fuori), satira dell'adolescente dark e depresso, risulta essere a tutti gli effetti il primo freak burtoniano che poi il regista svilupperà meglio nei suoi successivi lavori, la ragazza è l'unica che riesce a vedere Adam e Barbare a differenza di tutti gli altri perchè gli esseri umani ignorno tutto ciò che è strano e insolito, preferendo quindi l'omologazione ed il consenso sociale per le proprie azioni, precludendosi quindi di esplorare tutto ciò che và oltre la mera razionalità del mondo.
"Mi sento strana e insolita" (Lydia)
"Sembri normale" (Barbara)
Dallo scambio di battute si evince tutta la filosofia Burtoniana intorno alla figura del diverso che tanto fraintendimenti e letture distorsive ha subito nel corso degli anni; per il regista il "freak" non sfrutta la propria diversità per fare esercizio di originalità o anti-conformismo a tutti i costi per farsi notare, ma prendendo ad esempio il caso di Lydia, la ragazza abbraccia lo stile dark perchè predisposta personalmente verso tale subcultura, dacchè per chi è in sintonia con il suo punto di vista come Barbara da poco defunta, Lydia risulta essere un'adolescente normale, quindi la discrasia normalità-anormalità non ha ragion d'essere nel cinema di Burton, perchè il diverso all'interno del suo cinema percepisce la sua esistenza e visione della vita come una perfetta normalità, semmai è la maggioranza "normale" che ai suoi occhi appare "anormale" e quindi non in sintonia con il suo modo di percepire il mondo; in sostanza la visione del mondo e della vita da parte dei freak Burtoniani altro non è che una mera questione di punti di vista, se Tim Burton quindi vuole rinfrescare la sua poetica, deve semplicemente ritrovare le radici del concetto della sua poetica che oramai oltre ad essere in fase di stanca, sembra essersi troppo omologata ai gusti degli spettatori. Chiaramente l'altro freak presente nella pellicola è il bio-esorcista Beetleguise, interpretato da un truccatissimo ed istrionico Michael Keaton, qui così adorabilmente sfacciato, irriverente, pervertito, costantemente arrapato (vabbè 600 anni a stecchetto ed in presenza di Geena Davis è giustificato), volgare, doppiogiochista e sentitamente stronzo, eppure nonostante la negatività del suo personaggio, che alla fine è il villain nel senso più classico del termine del film costringendo vivi e morti ad unirsi contro di lui per poterlo sconfiggere impedendogli di portare a termine il suo piano, conquista lo spettatore in ogni minuto in scena travolgendolo come un uragano in virtù del suo istrionismo, finendo con il rubare la scena a tutti tranne forse a Winona Ryder. Tim Burton al suo secondo film, prende una sceneggiatura non sua, creando una pellicola personale dove la storia conta in sè poco, focalizzandosi sui personaggi tutti centrati (si pure i coniugi idioti e borghesi che vorrebbero sfruttare gli spettri come attrazione per fare soldi, sempre il maledetto capitalismo in scena) e su uno stile visivo personale che fonde surrealismo, espressionismo, pop, calypso e animazione tramite stop-motion, dando il via alla leggenda di Tim Burton che di lì a poco esploderà con il successo dei suoi Batman e varie opere personali ed intime come Edward Mani di Forbici (1990) e Ed Wood (1994), ma già con Beetlejuice maturo ed in sintonia con critica e pubblico, ricavando oltre 70 milioni partendo da un budget di soli 15 milioni di partenza.
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