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Il giro del mondo in 80 giorni

Regia di Michael Anderson vedi scheda film

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La recensione su Il giro del mondo in 80 giorni

di scandoniano
8 stelle

Il celeberrimo romanzo di Jules Verne rivive qui in un kolossal d’avventura spettacolare e faraonico. Si raccontano le avventure del Sir inglese Phileas Fogg , flemmatico all’inverosimile, e del suo aiutante francese Passepartout (donnaiolo e caciarone), impegnati per scommessa, in un giro completo intorno al globo, realizzato con mezzi di fortuna, alla fine del 1800.

Numerose le location trattate: Londra, Spagna, Suez, Bombay, Calcutta, Hong Kong, Yokohama, San Francisco, Venezuela, Manchester. Tuttavia è l’intero film ad essere volutamente sontuoso: dalla lunghezza della pellicola, ai tempi di lavorazione (oltre 5 mesi), fino al numero di star del cinema impiegate, fosse solo per un cameo muto (Shirley MacLaine, Fernandel, Frank Sinatra, Marlene Dietrich, Charles Coburn, Peter Lorre, John Carradine, Buster Keaton per citarne solo i principali). A tal proposito sono degnissimi di nota i meravigliosi titoli di coda, che rammentano cronologicamente tutte i luoghi visitati da Fogg e compagnia, sfidando lo spettatore a riconoscere tutti gli attori impiegati, tratteggiati, ognuno nella propria location, attraverso delle caricature.

Grande importanza è data alle musiche, talvolta didascaliche, ma senza dubbio importanti nell’economia della pellicola. L’allestimento delle location è discreto. Senza dubbio la parte migliore del film è quella girata negli Stati Uniti. Per modus operandi questo film ha una certa assonanza con “La grande corsa” di Blake Edwards del 1965.

Un’opera magniloquente, dunque. Eppure si ha l’impressione che, scevro da inutili lungaggini e con numerosi dettagli (insignificanti) in meno, l’aria di maestosità possa sfumare decisamente, riducendo il film ad un ottimo divertissement, senza tuttavia l’etichetta del kolossal. È proprio questo il difetto principale del film: pare costruito appositamente per essere premiato agli Oscar (5 le statuette ricevute: film, sceneggiatura, montaggio, musica e fotografia) e per rimanere negli annali. Ma sono troppo numerosi i momenti di stanca, dovuti all’eccessiva ridondanza registica in nome di uno spettacolarismo fine a se stesso; il fenomeno era preventivabile fin dall’incipit, inutile ma che contribuisce ad allungare il brodo, rappresentato dall’inopportuno mini-documentario sul rapporto tra Verne e Meliès (con molte immagini di “Viaggio nella luna”).

Questa versione de “Il giro del mondo in 80 giorni” è certamente spettacolare e gradevole, ma puzza indubbiamente di artificioso.

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