Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film
Seconda Guerra Mondiale, anno 1943, Fronte Orientale, fortificazioni tedesche. Il capitano Stransky, palesemente inetto e pavido, giunge nella zona dei combattimenti con l'unico scopo di guadagnare la decorazione della "croce di ferro", che gli varrebbe il rispetto da parte dei familiari, di nobile origine. Coglie una buona occasione per avvicinarsi al suo scopo, al raggiungimento del quale si frappone un sottufficiale, Steiner, tanto coraggioso, quanto consapevole del vero volto della guerra. Stransky, sapendo di non poter contare sull'accondiscendenza di Steiner, approfitta di una precipitosa ritirata per progettarne l'eliminazione. Film di guerra - che ho rivisto con piacere dopo molti anni - di Sam Peckinpah, espone con nitida determinazione il pensiero del regista statunitense. L'opera è ambientata in un contesto bellico, sinonimo di cambiamento epocale in atto, ma anche vero e proprio "tritacarne" che inghiotte le migliori risorse di una nazione; i coraggiosi, gli idealisti, coloro che sono tenacemente ancorati a paradigmi sociali rispettabili ma ormai non più al passo con i tempi, non hanno possibilità di sopravvivenza nel nuovo mondo che - come la storia ci ha mostrato - si profila all'orizzonte. Non c'è spazio, certamente, per Steiner - personaggio magistralmente interpretato da un James Coburn ombroso ed amaramente ironico - il quale è consapevole di ciò; immagina che non uscirà vivo dal conflitto non solo a causa della sua particolare violenza, ma anche perchè è la stessa organizzazione militare della quale fa parte che prevede il suo sacrificio, quale soldato di prima linea, a vantaggio di chi, ben protetto in patria, o comunque nelle retrovie, manovra i sottoposti. Ovviamente, tale interpretazione, nel film si applica alla Wehrmacht, ma potrebbe essere estesa ad eserciti di ogni epoca e nazione. Nonostante ciò, Steiner si prodiga per salvare il salvabile. Ha una certa cura verso i suoi uomini, con i quali condivide ogni rischio, ed evita inutili spargimenti di sangue. Il valore gli porta l'ammirazione dei suoi diretti superiori, ufficiali veterani e pluridecorati, e l'invidia di Stransky, incapace e vigliacco, ma non tanto da non, implicitamente, ammetterlo, nel momento in cui dichiara di voler ottenere la decorazione per l'unico scopo di poter essere alla pari con altri membri della sua famiglia, appartenente alla nobiltà "guerriera" prussiana. Stransky cerca inutilmente un dialogo con Steiner. E' impossibile che lo ottenga, perchè i due, come il capitano afferma, appartengono a mondi diversi e contrapposti. L'ufficiale è tra i "macellai"; Steiner tra i "macellati". Per questo motivo, il sottufficiale mostra apertamente astio nei confronti dei suoi anziani capitano e colonnello, che lo stimano e lo rispettano. Quest'ultimo personaggio, l'anziano colonnello Brandt, interpretato da James Mason, è un ulteriore personaggio chiave del racconto. Fa quanto può per prendersi cura dei suoi sottoposti e infine, consapevole di essere - anch'ess - indissolubilmente legato ad un ordine di cose che sta scomparendo, si lancia nella battaglia come un soldato qualunque. In un dialogo - chiarificatore per lo spettatore che non avesse ancora pienamente compreso il pensiero del regista - invita un altro ufficiale, del quale apprezza lo spirito critico e la vivacità mentale, a mettersi in salvo per contribuire in futuro alla rinascita della Germania. Tra i veterani del fronte orientale raccontati da Sam Peckinpah, non uno è fervente nazista e tanto meno crede nella "vittoria finale". Ognuno cerca di sopravvivere come può, sperando quanto meno di riportare a casa la pelle. I tedeschi rappresentati in questo film sono dei perdenti, e lo sanno. Tanto Steinter, quanto il suo antagonista Stransky. A chi mostrerà la sua "croce di ferro" se nulla della sua società di origine esisterà più ? Per questo, i due si ritrovano uniti, in un epilogo emblematico ed epico. Anch'essi si lanciano contro il nemico, in una carica accompagnata dalle isteriche risa di Steiner, che vede il suo destino compiersi. La guerra descritta da Sam Peckinpah è estremamente cruda, tanto da un punto di vista materiale - uomini e mezzi sono letteralmente distrutti da esplosivi, bombardamenti, raffiche di mitragliatrici - quanto sotto l'aspetto morale. I massacri avvengono nella cornice di una natura indifferente - alcune sequenze mi hanno ricordato i primi minuti di "La Sottile Linea Rossa" - non solo tra nemici, ma anche tra coloro che dovrebbero essere amici, ma preferiscono far prevalere interessi personali; nel rispetto della realtà storica, c'è poco spazio per gesti cavallereschi tra uomini convinti dai loro capi che il nemico è un subumano e/o che non devono aspettarsi alcuna pietà in caso di sconfitta. Sam Peckinpah racconta ciò dando spazio a lunghe sequenze di azione, che mostrano agguati, scontri in campo aperto, bombardamenti, eventi che lasciano sul campo cadaveri smembrati e superstiti deturpati nel corpo e nell'animo. Tra gli attori, oltre ai già citati James Coburn e James Mason, è degno di nota anche Maximilian Schell nei panni del capitano Stransky, un personaggio patetico poichè sin dall'inizio la storia ce lo dipinge come perdente. Un'opera davvero "massiccia". Estremamente valida non solo quale film bellico, con realistiche sequenze di combattimento e di "pace" che mi hanno fatto pensare alle descrizioni fatte nei libri di Sven Hassel, ma anche perchè portatrice di un pensiero espresso con chiarezze e coerenza. "La Croce Di Ferro" è un film di guerra contro la guerra - ed il militarismo in generale - perchè la racconta dal punto di vista degli ultimi, di coloro che la combattono veramente; e, nel caso specifico, sono destinati alla sconfitta, essendo trascinati nella caotica fine di ordine mondiale, preludio alla nascita di uno nuovo.
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