Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film
La guerra, secondo Peckinpah, è essenzialmente follia e sangue. La follia di rincorrere a qualsiasi costo una (inutile) onorificenza da appuntarsi sul petto per le sciocche sfilate ochesche di militari impettiti o per continuare la tradizione familiare e non sfigurare nel “Valhalla” eroico dei propri antenati germanici, scalando di conseguenza la gerarchia del Reich. E il sangue che verrà versato per alimentarla, quasi sempre di oscuri fantaccini sacrificabili in assalti improbabili ed in azioni suicide, figurine spendibili per l’accesso alla gloria.
Le due figure centrali del film, Steiner e Stransky, apparentemente antitetiche, rappresentano invece le due facce di una stessa medaglia. Il primo rappresenta ciò che il secondo vorrebbe essere, sogno impossibile di un uomo probabilmente inadatto alla vita militare “attiva”, incastrato su un piedistallo di doveri ereditari e per questo “costretto” a tessere i suoi intrighi per raggiungere il suo scopo prima che il mondo si accorga della sua incapacità. Aiutato in questo dall’ottusità pratica delle leggi gerarchiche militari: un incompetente “ingombrante” verrà senz’altro promosso, se non altro per liberarsi di lui, rimandando l’effettiva valutazione del suo valore a data da destinarsi finché, malauguratamente, non finirà ad operare in un teatro di guerra con ovvi sanguinosi risultati per i suoi sottoposti.
Le stesse leggi invece tengono in disparte Steiner, amato dai suoi compagni per il suo eroismo ma impresentabile nelle occasioni ufficiali per la sua strafottenza e per il suo particolare senso dell’onore. Che lo porterà inevitabilmente a scontrarsi con Stransky ma anche a scegliere di non denunciarlo ai superiori per i suo raggiri.
La robusta mano registica di Peckinpah, supportata dalla ottima vena di tutti gli interpreti (con Coburn e Schell sugli scudi), fa da suggestivo supporto alle tematiche trattate, strutturando il racconto con toni epici da tragedia greca (con i personaggi del Colonnello Brandt e del Capitano Kiesel a rappresentarne quasi un Coro dialogante, e le onnipresenti esplosioni gli incalzanti intermezzi) però innestati dalla particolare resa lasciva del suo cinema anni 70, dove le brutture umane sono sia epidermiche che interne e dove un primo piano improvviso di un bacio tra uomini ne amplifica la scabrosità (approccio sospetto di omofobia, tenuto conto che l’unico personaggio alfine realmente negativo risulti essere il Tenente Triebig – ricattato da Stranski per la sua omosessualità –, ma invece, a mio avviso, utile allo sviluppo dell’intera vicenda). Il film, precisamente diviso in due tronconi con la sequenza dell’ospedale militare a farne da spartiacque, mi ha fatto considerare una differente chiave di lettura per la seconda parte, caratterizzata da un progressivo sprofondare di Steiner e dei suoi uomini nella follia e nella violenza: Steiner potrebbe essere morto nell’esplosione e tutte le vicende susseguenti potrebbero essere esclusivamente oniriche, circostanza che spiegherebbe alcuni inserti “fantastici” della trama, oppure potrebbe aver alfine ceduto all’insania della sua situazione, trovando nella pazzia un rifugio quasi gilliamiano. Le scene di battaglia sono al solito magistrali, realistiche e mai pompose (come invece non riuscirà a fare Tarantino con il suo “Bastardi senza gloria” del 2009, in parte manifestamente influenzato da questo film, al contrario della felice rielaborazione, più concettuale che palese, che ne darà Fuller con l’ottimo “Il grande uno rosso” del 1980), i conflitti mai assoluti ma ispirati dall’incertezza umorale del periodo storico e gli eroi mai puri e senza macchia (come potrebbe essere “buono” un nazista ?), ma pronti a sacrificarsi, alfine, non per la causa ma per il proprio soggettivo senso dell’onore.
Cap. Stransky: “Sergente Steiner dove è il tuo plotone! "
Sgt. Steiner "TU Capitano Stransky sei il MIO plotone! "
Cap. Stransky “d'accordo..........ti farò vedere come sa combattere un Ufficiale Prussiano............... "
Sgt. Steiner: “ed io ti....... farò vedere...... come si fa per meritarsi la Croce di Ferro".
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