Regia di Franklin J. Schaffner vedi scheda film
Thriller di fantagenetica con protagonisti due personaggi realmente esistiti interpretati da due vecchie glorie del cinema. Dato che dietro alla storia campata per aria c'è dietro una grande tragedia storica del secolo scorso è meglio guardare un altro film. Peck si sforza invano di rendere credibile un orrendo personaggio che non faceva per lui.
“Ma come si fa a credere a una storia così assurda?” si chiede il vecchio ricercatore ebreo di criminali di guerra nazisti ormai dimenticato Ezra Liebermann (Laurence Olivier) quando scopre che l’ ex ufficiale medico delle Waffen-SS Josef Mengele (Gregory Peck) quello che nel campo di sterminio di Auschwitz utilizzava i bambini gemelli ebrei e zingari di ambo i sessi per i suoi folli esperimenti mortali, commessi più che altro per soddisfare il suo sadismo estremo, è riuscito a clonare Adolf Hitler e a inseminare con quel DNA poco più di una novantina di donne da lui selezionate in Brasile che poi hanno dato in adozione i neonati a delle famiglie americane ed europee con dei particolari requisiti. Liebermann viene informato da un giovane ebreo appartenente a un gruppo di integralisti israeliani, subito scoperto e ucciso in Paraguay (Steve Guttemberg) che il medico criminale è intenzionato a far uccidere tutti i novantaquattro padri adottivi dei piccoli Hitler per ricreare lo stesso trauma d’ infanzia del fondatore e capo del nazismo. Ma il dottor Mengele, da decenni nascosto in Paraguay, protetto da guardie armate in una grande villa in stile coloniale situata nella jungla amazzonica, dove continua le sue abominevoli ricerche su delle cavie umane locali, bambini compresi, viene presto abbandonato dai suoi vecchi e giovani camerati, resisi subito consapevoli dopo le prime eliminazioni dell’ impossibilità e della pericolosità del suo pazzesco progetto ormai non più segreto, tanto che decidono di eliminarlo, gli bruciano la sua dimora ma non lo trovano. Mengele é già fuggito lontano per portare avanti da solo la sua missione omicida ma con l’ aiuto di uno di quei bambini appena reso orfano di padre dall’ infame dottore nazista ormai impazzito del tutto, Liebermann riuscirà a fermarlo per sempre.
Thriller di fantagenetica e fantapolitica tratto da un romanzo dello scrittore americano Ira Levin diretto dal fu talvolta bravo Franklin J. Schaffner (regista americano premiato con l' Oscar nel 1971, autore di alcune opere conematografiche notevoli e spesso tratte dalla letteratura di successo ma anche di sonori fiaschi come "Yes Giorgio" con Luciano Pavarotti - Leggere la mia recensione se interessa) che vuol rendere realistica una storia assurda che pare totalmente campata per aria. Innanzi tutto per porre le basi di un improbabile ritorno del nazismo in tutto il mondo con a capo un nuovo Fuhrer bisognerebbe riprodurre le stesse condizioni socio-economiche della Germania impoverita e sconfitta del primo dopoguerra oltre che un conflitto mondiale simile a quello al quale partecipò un Hitler ventenne, senza contare l’ ambiente nazionalista e militarista nel quale nacque e crebbe. Una cosa molto improbabile se Hitler fosse rinato in America o in Europa negli anni sessanta-settanta. E nemmeno durante il nazismo del i vertici della medicina militare tedesca avrebbero preso molto in considerazione un dottore come Mengele, più bravo a selezionare vittime da eliminare nelle camere a gas che a fare il suo mestiere originario di medico, come tanti altri suoi colleghi che servirono ad Auschwitz e in altri lager meno famigerati. Persino in una scena del film un suo vecchio camerata, capo di una organizzazione segreta di profughi nazisti in Paraguay, capisce di avere a che fare con un egocentrico mitomane.
Realistiche fino a un certo punto sono le figure dei due personaggi realmente esistiti come il dottor Mengele e il ricercatore di criminali nazisti Liebermann, che altri non è che il fu celebre Simon Wiesenthal, un ebreo austriaco di origine russa sopravvissuto all’ Olocausto come quello del film, un superstite ebreo del lager di Buchenwald. Gregory Peck si sforza invano di rendere credibile un orrendo personaggio che non era adatto alla sua figura di collaudato interprete di buoni e vincenti protagonisti di tanti film americani. Infatti in questo film quel famigerato medico nazista sembra un tipico scienziato pazzo da film dell’ orrore, sempre vestito elegante, con il cerone bianco da morto in faccia e i baffetti tinti di nero. Così conciato Peck sembra John Wayne truccato da mafioso italoamericano e meno male che in Paraguay c'è molto più sole che in Germania. Probabilmente si era ispirato di più al Dottor Frankenstein che non a quel medico nazista altrettanto folle e senza scrupoli. D' altronde sulla vita di quel criminale nazista in Sudamerica avevano pubblicato degli articoli, che spesso non erano nient' altro che delle storie esagerate con poco o niente di vero per sentito dire, buone soltanto per dei film come questo, misteriose leggende da romanzo da treno. Nel film di Schaffner si vedono dei bar paraguaiani con nomi tedeschi e militari dell' esercito che in parata marciano lentamente in divisa grigia alzando la gamba tesa infilata nei lunghi stivali neri, allo stesso passo dell' oca dei nazisti.
Tra le deliranti invettive espresse dal dottor Mengele interpretato da Peck, è da ricordare questa incredibile serie di corbellerie involontariamente grottesche da lui urlate un un eccesso d' ira ai suoi vecchi camerati dopo che gli hanno comunicato di aver abbandonato il suo folle progetto: “Siete un branco di vecchi egoisti che hanno perso i coglioni! Volete solo godervi la vita prendendo il sole mentre i vostri figli e nipoti vivono in un mondo dominato dagli ebrei, dai negri, dai gialli e dagli hippies!”. Vada per certe categorie, che con i razzialmente misti e promiscui “figli dei fiori” del Sessantotto americano non centrano per niente, ma i nazisti tedeschi durante la seconda guerra mondiale erano alleati con i giapponesi che di carnagione erano decisamente gialli, essendo di pura razza asiatica orientale. I negri erano considerati dai nazisti degli esotici selvaggi subumani di scarsa intelligenza, buoni solo per servire i bianchi ariani in lavori di fatica e siccome all' epoca in Europa erano molto rari a vedersi erano ritenuti più utili e meno dannosi degli omosessuali e degli handiccapati, tutte categorie da eliminare e schiavizzare in un secondo tempo, dopo aver eliminato tutti gli ebrei e sottomesso tutti i popoli slavi dell' est europeo. Strano che in quell’ elenco di nemici mortali del nazismo e della razza ariana Mengele si sia dimenticato dei comunisti, in particolare quelli sovietici dell’ esercito russo che lo fecero scappare via da Auschwitz all’ inizio del 1945, sicuramente più pericolosi degli hippies. Baggianate che non direbbe nemmeno a distanza di decenni un ex ufficiale medico bilaureato come lui, pur fanatico che fosse, nel film definito dal suo acerrimo nemico "un sadico con tanto di laurea e libera docenza".
C' è una rappresentazione molto romanzata degli ex criminali di guerra nazisti da tempo rifugiati in Sudamerica perchè ancora ricercati in patria, che nel film arrivano a organizzare delle feste private danzanti con le loro famiglie addirittura in parte vestiti in divisa delle SS e della gioventù hitleriana, con tanto di grandi bandiere con la svastica sullo sfondo. Cose poco credibili anche per una nazi fanta spy-story di pensionati con un repertorio di uccisioni a tradimento, perlopiù di uomini anziani commesse anche da coetanei delle vittime, con un patetico scontro finale tra due vecchie glorie del cinema, che si devono affrontare a colpi di pistola, graffi e morsi in mezzo a un branco di cani dobermann inferociti, che ovviamente saltano addosso alla vera bestia. Il vero "cacciatore" di criminali nazisti Simon Wiesenthal, parlando di se con scrittori e giornalisti, non voleva essere descritto e ricordato da loro come un "James Bond ebreo" ma solo come un paziente "topo d' archivio". Oltretutto Wiesenthal era già stato interpretato in modo più realistico con tanto di nome e cognome quattro anni prima ma in un ruolo secondario e da un anziano attore non famoso, nel film "Dossier Odessa" di Ronald Neame con John Voigt e Maximilian Schell, anche questo tratto da un romanzo di un altro affermato scrittore.
Altrettanto terribile anche se visivamente non violenta è la scena precedente del colloquio in un carcere tedesco tra Liebermann e una orrenda ex guardiana dei lager nazisti condannata all' ergastolo per aver ucciso dei bambini. "Lei non è più una guardiana! E' una prigioniera!" gli risponde Liebermann seccato dal suo atteggiamento ostile e sprezzante: "Io potrò andarmene via a mani vuote ma le assicuro che lei non potrà mai più andare da nessuna parte". Per la cronaca anche quel personaggio minore è ispirato a uno veramente esistito, in questo caso una feroce ex guardiana del lager di Majdanek scovata nel 1976 da Simon Wiesenthal negli Stati Uniti, dove aveva sposato un ex militare americano, poi estradata nella Germania Federale, dove fu processata e condannata al carcere a vita nel 1980 per poi morire di vecchiaia nel 1999. Nello 1979 il vero Josef Mengele morì annegato cadendo in acqua dopo un attacco cardiaco sulla riva di una spiaggia brasiliana. Forse anche l' assurdo film di Schaffner e la brutta interpretazione di Peck hanno contribuito a fargli venire l' infarto mortale.
Pare che dopo questa sua interpretazione il vecchio attore di cinema e teatro Sir Laurence Olivier abbia accettato volentieri il ruolo del dottor Van Helsing in un film di Dracula diretto dall' americano John Badham, roba per lui poco seria che un decennio prima avrebbe fatto fare solo al suo connazionale Peter Cushing. Poco tempo prima Olivier aveva interpretato un ex criminale di guerra nazista vagamente ispirato al dottor Mengele ma più convincente di quello di Peck nel dramma metropolitano di John Schlesinger "Il maratoneta" con Dustin Hoffman. Per entrambi i ruoli di ex criminale nazista e cacciatore di criminali nazisti l' ottantenne Olivier ottenne una candidatura ai Premi Oscar ma ottenne un secondo Oscar alla Carriera l' anno dopo per un totale di ben tre statuette dorate, senza contare gli altri premi meno noti. Gregory Peck ne aveva già vinti due. A proposito delle loro interpretazioni in questo film il cinecritico italiano Tullio Kezich scrisse: "Purtroppo Peck come orco nazista non è credibile e anche il vecchio Olivier sonnecchia". Anche se vecchi del mestiere, i due attori avevano raggiunto un età troppo avanzata per dei ruoli impegnativi pur avendo le fisique du role per interpretare degli anziani reduci della seconda guerra mondiale in una ambientazione moderna di qualche decennio dopo.
Abbastanza convincenti i piccoli cloni di Hitler, tutti antipatici come quello vero, oltretutto molto simili nell’ aspetto e nel carattere arrogante a un mio ex compagno di classe delle medie inferiori, allora altrettanto odioso anche se in vita sua non si mai occupato di politica, tantomeno di nazismo. Dato che dietro a questo film dalla vicenda impossibile campata per aria c’è dietro una grande tragedia storica del secolo scorso è meglio vedere altri film storicamente più attendibili o meglio ancora un documentario se si vuol saperne qualcosa di vero su questi due personaggi della storia del Novecento e della seconda guerra mondiale. Tra gli attori del cast si nota un giovane Bruno Ganz nel ruolo di un medico ricercatore universitario che spiega a Olivier il procedimento della clonazione genetica e l' allora esordiente Steve Guttemberg, futuro protagonista della serie di film comici americani di "Scuola di polizia", molto vista anche in Italia nella metà degli anni ottanta. Il resto del cast è composto da ignote brutte facce da agenti della Ghestapo per la maggior parte over cinquanta, a parte qualche giovane sicario neonazista. La poco memorabile colonna sonora del comunque talentuoso Jerry Goldsmith parte con dei ritmi minacciosi per finire subito in un allegro valzer viennese, per essere più efficace solo quando compare Mengele per la prima volta. Un film sconsigliabile a molte categorie di persone: Cinofili, medici, storici e persone di una certa età.
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