Regia di Franklin J. Schaffner vedi scheda film
Sci-fi che sembra uscito dalla penna di Michael Crichton (si veda l'idea alla base di Jurassic Park) e che invece è frutto del lavoro di Ira Levin, sceneggiatore e romanziere passato alla storia come l'autore del romanzo Rosemary's Baby poi portato al successo da Roman Polanski nel 1968. Nell'occasione viene accantonato l'horror, pur se l'ispirazione sembra giungere da John Wyndham e dal romanzo I Figli dell'Invasione (1957) più volte trasposto al cinema, a partire dal celebre Il Villaggio dei Dannati (1960). Al centro del soggetto c'è la clonazione umana installata sull'affascinante (e altrettanto macabro) tema del ritorno del Quarto Reich. Josef Mengele, interpretato dall'ottimo Gregory Peck e rintanato da un ventennio in Paraguay, ha infatti ricreato un centinaio di piccoli Hitler, facendo poi alevare ciascuno di esso in giro per l'Europa da famiglie calibrate sullo stile e sui modi dell'originaria famiglia del Fuhrer. L'obiettivo è ricreare per tale via tutte le condizioni genetiche e familiari che possano portare alla creazuibe di un nuovo Hitler.
Finale inquietante, sebbene si cerchi di superare i preconcetti umani grazie all'ottimo giornalista ebreo che intende offrire una nuova chance a chi, per contesto, esperienze ed educazione, non può più essere l'Hitler dell'inizio novecento. L'inquadratura finale offerta da Schaffner, che indugia sul sorrisetto di Jeremy Black e sulla collana di denti di squali (gioco di parole jaws/jews), rimanda la memoria all'ultima inquadratura de Il Presagio. Ciò la dice lunga su ciò che succederà nel futuro, evidenziando il gusto per il sadismo e il macabro del piccolo futuro Hitler.
Per l'epoca in cui è uscito è un piccolo gioiello.Fu vietato ai minori di anni 14 per alcune scene truculente, soprattutto con i dobermann protagonisti e qualche momento gore. Oggi sarebbe, invece, uno dei tanti film sul genere clonazione. Buono.
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