Regia di Massimo Troisi vedi scheda film
Delirante e sconnesso, il racconto di Troisi è vittima di un buonismo che raggiunge la sua apoteosi nell'insensatezza del finale. Questa volta, oltre al consueto balbettio incomprensibile, al biascicare fastidioso ed al sentenziare continuo esprimendosi per frasi fatte, Troisi per buona metà del film è pure paralitico: ci vuole davvero un miracolo. Sì, per arrivare alla fine resistendo alla tentazione di spegnere o mandare avanti la pellicola. Inutile e presuntuoso.
Siamo nell'Italia fascista. Lasciato dalla ragazza, Camillo (Troisi) rimane psicosomaticamente paralizzato alle gambe; appena lei lascia anche il nuovo ragazzo, Camillo torna a camminare. A quel punto lei sta per mettersi pure con un suo amico, ma il regime si fa più duro: lei emigra in Francia e Camillo finisce in prigione per una battuta sul Duce. Scontata la pena di due anni, Camillo va in Francia e lei lo riaccetta tranquillamente, come se niente fosse.
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