Regia di Massimo Troisi vedi scheda film
Nel bel mezzo del ventennio fascista in un paesino dell’Italia rurale. Camillo Pianese, lasciato dalla fidanzata Vittoria (Jo Champa bellissima) per sposare un altro uomo, finisce, chissà perché, su una sedia a rotelle. Su un treno di ritorno da Lourdes incontra Orlando (un tenerissimo Massimo Bonetti), vero paralitico. Quando scopre che l’ex fidanzata s’è liberata di nuovo, torna a camminare, ma, per non fare un torto all’amico Orlando, gli fa credere che sia ancora malato. Impietosito dalla solitudine dell’amico, chiede a Vittoria di farli conoscere una bionda con gli occhi azzurri. Peccato che Orlando s’innamori di Vittoria e che la bionda sia una fascitona che sospetta Camillo di antifascismo. Altre peripezie tragiche e lieta fine enigmatica.
Terzo film di Troisi regista (ma in realtà quarto, se si esclude la co-regia di Non ci resta che piangere) e, forse, il più complesso. Sicuramente delizioso e squisito, ha qualche lentezza nella prima parte, ma è riscattato dalla leggerezza e della fluidità che accompagnano l’intero racconto. Aiutato da un copione che s’avvale di un’idea forte e originale (l’amore può essere una malattia, ma anche una valida medicina), Troisi trova la poesia della sua maschera da uomo del quotidinao in un personaggio che non è macchietta ma vero character, ed inoltre non è del tutto un personaggio positivo, finanche cattivo ed acido, senza mai dimenticare la bontà d’animo e la pietas umana. Da antologia la battuta sul Duce: la fascista dice: “da quando c’è lui tutti i treni partono in orario”. E Camillo: “allora potevano farlo solo capostazione”. Camillo è antifascista, ma non fa niente per battersi, provando verso il regime un odio passivo e remissivo. Non esiste più il canovaccio e anche i personaggi minori raggiungono un’importante robustezza nel racconto: ottimo Marco Messeri nel ruolo dell’infantile ed inconcludente fratellastro di Troisi, avido lettore del Corriere dei piccoli e collezionista di soldatini, che della malattia del congiusto s’è fatto una ragione di vita.
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