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Lo spione

Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lo spione

di sasso67
6 stelle

Melville (uno dei miti del critico Claudio G. Fava, insieme a Frankenheimer) gira un film "alla maniera di", come dice Tullio Kezich, in questo caso alla maniera dei noir americani degli anni quaranta, creando una buona storia, ma mai convincendo appieno lo spettatore esigente. La trama è troppo aggrovigliata e, nonostante la bravura impressionante di due mostri sacri come Serge Reggiani e Michel Piccoli (straordinaria la sequenza nella quale quest'ultimo viene ucciso da Silien), l'allora astro nascente del cinema francese Belmondo è poco credibile infagottato com'è dentro un impermeabile alla Bogart di tre misure troppo grande. Il finale ha l'andatura di una tragedia elisabettiana, con il personaggio di Reggiani che, accortosi dell'errore commesso nel dubitare dell'amico (l'agnizione finale?), cerca di evitarne la morte, non riuscendovi e provocando la propria.
Intendiamoci: "Lo spione" non è un brutto film, ma pecca d'originalità, inserendosi in un "genere" di cui rispetta le convenzioni (anche troppo, colonna sonora jazzata compresa) e segnando al proprio attivo un paio d'interpretazioni magistrali e un sentito elogio dell'amicizia virile.

Sulla trama

La trama di "Lo spione" è complicatissima: proviamo a dire che Maurice, uscito di galera regola il conto con alcuni ex complici, poi prepara un colpo con l'aiuto del giovane Silien. Il colpo fallisce per una spiata; nella sparatoria che segue Maurice uccide il poliziotto di cui Silien è confidente e, credendosi tradito proprio dal giovane amico, incarica un killer di ucciderlo. Quando si accorge dell'errore è troppo tardi: il killer uccide Maurice per errore, dopo di che Silien e l'assassino prezzolato si uccidono a vicenda.

Su Serge Reggiani

Alla fine, mi viene in mente quale contributo abbiano dato al cinema francese gli attori transalpini d'origine italiana: si pensi a Michel Piccoli, Serge Reggiani, Yves Montand (Ivo Livi da Monsummano), Jean-Paul Belmondo ed altri che in questo momento mi sfuggono. Sembra proprio che i geni italiani, coltivati nell'humus parigino, o comunque francese (si pensi, nello sport, a Michel Platini), diano dei frutti grandiosi.

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