Regia di John Huston vedi scheda film
Durante la grande depressione un’orfana viene adottata da un miliardario ma spera sempre di ricongiungersi ai veri genitori, che l’avevano abbandonata dopo la nascita spinti dal bisogno. Little orphan Annie è noto per essere forse il fumetto più reazionario mai pubblicato; Huston si basa però sul musical del 1977 e smussa i toni più apertamente politici. All’inizio il film cerca senza molto successo di rendere Annie un personaggio chapliniano, con cane al fianco e poliziotti alle calcagna. Dopo mezz’ora entra in scena Oliver Warbucks, interpretato da un irriconoscibile Albert Finney rapato a zero, e almeno si vede un po’ d’ironia (“Io sono un uomo d’affari: amo il denaro, amo il potere, amo il capitalismo e non amo i ragazzini”); poi però la sceneggiatura lo ammorbidisce al punto da farlo innamorare della segretaria (Ann Reinking, luminosa) e da indurlo addirittura a collaborare con l’aborrito presidente Roosevelt. Il risultato è una zuccherosa favoletta dickensiana, con una protagonista piuttosto antipatica e numeri musicali insulsi (qui però c’entra anche la scelta di doppiare le canzoni nell’edizione italiana).
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