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Pranzo alle otto

Regia di George Cukor vedi scheda film

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La recensione su Pranzo alle otto

di EightAndHalf
10 stelle

La Grande Depressione americana colpì chiunque, anche la cosiddetta alta società, ma non solo. Una crisi economica che comportò una degenerazione morale e sociale profonda e irrecuperabile, nascosta sotto lo strato esibizionista di una nobiltà povera (anche dal punto di vista economico), che arraffa più che può. E' impossibile rinunciare alle serate di gala, al buon nome, all'ostentazione della ricchezza. Così Cukor - che mai sarà altrettanto crudele e impietoso - ci dà uno spaccato di umanità intenso e memorabile, un altmaniano "America 'ieri' (e oggi)" ante litteram, sgradevole, ripugnante, esteticamente ripulito come i suoi personaggi. La moglie di un investitore in imbarcazioni, malato terminale, organizza una festa in onore dei coniugi più ricchi di Inghilterra, i Ferncliff. Interverranno (o cercheranno di intervenire) un'infastidita coppia di parenti, una vecchia attrice imbruttita dalla vecchiaia (un donnone tale che quando si congratulano dicendole 'Divine' non si può fare a meno di pensare all'eroina di John Waters), un attore fallito e ubriacone sul viale del tramonto, la giovane figlia dell'investitore (bisbetica innamorata dell'attore fallito), un ricco truffatore in cerca di colpacci, sua moglie ossessionata dall'immagine, un dottore donnaiolo e sua moglie, depressa e nostalgica. Li circondano cameriere ricattatrici, chaffeurs ladruncoli.. Chiunque arraffa quanto può in questo disincantata rupe,di personaggi in caduta libera verso la fine, verso una morte che inevitabile si presenta verso il finale (di grande effetto la scena del suicidio).
Incredibile che un film del genere risalga al '33. La sceneggiatura è brillante, ma cela dialoghi spinti e irriverenti, quasi ad anticipare la crudezza dei dialoghi del Solondz di "Happiness". Un incontro fra una passata gloria sul viale del tramonto - gli attori hanno cattiva fama -, un passato che si ritrova davanti un oblio, e un futuro tutt'altro che promettente, figlio della ricchezza, viziato e volenteroso di una libertà sfruttata sfacciatamente. Ma questi stessi giovani rincorrono scherzosamente sentimenti che sono giochi, e i vecchi si accorgono di quanto gli stessi sentimenti si siano svuotati di significato. Una girandola di caratteristi grandiosi, in cui l'amore è ostacolato dai rapporti di classe, è indirizzato verso un'elevazione sociale impertinente e squallida. E alla fine all'incidente e alla morte si preferisce una gelatina a forma di leone. 
Eppure Cukor cura troppo i suoi personaggi per lasciarsi andare a un nichilismo che davvero avrebbe stupito per l'epoca, ma che, per i canoni odierni, sarebbe visto anche come troppo abusato. Allora riscatta alcuni personaggi, la nostra "Divine" osserva consapevole la Morte (<<è così definitiva, neanche i giovani possono farci nulla>>), la moglie dell'investitore cerca di ridurre le spese, benché piuttosto che al teatro rinunci alla cena dopo..e infine si chiudono le porte, il pranzo è servito.

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