Regia di Randa Haines vedi scheda film
Vedo June che continua a volteggiare in un sottile lembo di luce perso nel tutto e nel tempo.
Leggo dalle altre recensioni che l'unico, o quasi, scopo del film è il lancio deliberato di melassa sul pubblico.
In verità non l'ho trovato così melenso. Ci sono delle parti dove finalmente si dà sfogo ai propri sentimenti. Si riesce una volta tanto ad essere se stessi incuranti del giudizio degli altri unicamente seguendo il proprio istinto del momento, il proprio sentire più intimo, come quando June cerca il suo futuro ed il suo passato all'orizzione dal tetto dell'ospedale, ma soprattutto quando vuol fermarsi in mezzo al deserto.
In mezzo al nulla può ritrovare se stessa. Adesso è lei, sola, nel silenzio. Ma è tutto quello che ha ed un amico, una persona che ha capito tanto del disagio di essere malati, ma non ha ancora ben compreso che June, giunta a questo punto, non ha bisogno di 'consumare' un'altra esperienza, ma di, se vogliamo 'misticismo'. Di far fluire in lei qualche breve effluvio di pace in un volteggiare che continuerà per sempre al di là della vita... fondendosi col tutto, col flusso inarrestabile del tempo.
Il resto può anche essere retorica, ma una retorica ben fatta e ben recitata dove non mancano gli spunti di riflessione e di umanizzazione di un'attività, che, come già detto per il film Corso di anatomia, rischia di sfuggire dalle menti e dai cuori per una mania di efficentismo ovvero per una mera ricerca di un buon livello professionale e prestazionale. Il paziente è solo un numero che ti fa o meno rientrare in statistiche di efficienza ospedaliera dimenticandosi completamente del vero benessere delle 'persone' che stai curando. Non si tratta di automi, ma di persone ciascuna con la propria sensibilità e capacità di reagire di fronte al dramma non solo medico, ma esistenziale.
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