Regia di Don Bluth vedi scheda film
Parlare di film come questo limitandosi a classificarli al livello di meri "cartoni", magari pure con altezzoso disprezzo, temo sia il sintomo di una cecità pregiudiziale nei confronti di un'espressione invece fra le più auliche della settima arte. Tale premessa potrà apparire sovrabbondante e fuori luogo, ma in casi simili preferisco non sprecare mai l'opportunità di ribadire sempre il concetto, soprattutto quando si è in presenza di un'opera che è capace di unire sia le esigenze dei bambini sia le istanze di un pubblico più maturo di adulti. Anzi, quasi si avverte addirittura un lieve sbilanciamento verso i secondi, che potrebbero invero risultare i soli cui si rivolge in grado di apprezzarne ogni sfaccettatura, senza fermarsi alle apparenze.
L'impostazione è quella di una favola con animali umanizzati, che assumono non soltanto le nostre virtù bensì in particolare ogni nostra bestialità, si noti bene. L'esagerazione caricaturale dei gatti luciferini, per esempio, altro non è che il riflesso esteriore di una malvagità purtroppo tipicamente antropologica in parecchi individui. Si seguono le disavventure del protagonista, già tristi in sé per molti versi, ma nel contempo è innegabile la critica a certe realtà dell'epoca, in tutti quegli scorci che si intravedono sullo sfondo oppure in qualche breve momento, quali le grandi problematiche dell'immigrazione e dello sfruttamento (minorile e non), che ormai vorremmo appartenessero al passato, pur sapendo che non è così. Tale approccio è intuibile fin dal titolo originale.
Tanto serio e drammatico - a tratti persino pauroso - quanto capace di far sorridere all'occorrenza, quando serve, Fievel sbarca in America concilia l'anima toccante e poetica della sceneggiatura con un'illustrazione visivamente all'avanguardia e sostanzialmente immortale, chiara dimostrazione del talento degli esperti nel mestiere del disegno. La storia ha profondità ed è prova di una costruzione sapiente del racconto. I personaggi sono caratterizzati con dovizia e diventano autentici "simboli", offrendo in base alla situazione una forte simpatia, un'intensa immedesimazione e una sincera partecipazione emotiva. Non meno fondamentale è la colonna sonora, per merito della quale si consegue la perfezione della completa empatia, giungendo a toccare e pungere sul vivo le corde più sensibili, nascoste e intime del sentimento.
Nel 1885 la simpatica famigliola moscovita dei Toposkewitz emigra in America dove - a sentire papà topo - non ci sarebbero i terribili e spaventosi gattacci cosacchi. Malgrado una tempesta in pieno Atlantico la nave arriva a New York, ma Fievel è caduto in mare con grande disperazione di tutti. Infilatosi in una provvidenziale bottiglia, il piccolo immigrato clandestino viene a suo tempo portato dalle onde nel cantiere in cui Bartholdi sta erigendo la Statua della Libertà. Confortato da Henri, un estroso piccione, Fievel comincia l'affannosa ricerca dei genitori e della sorella Tanya.
Unisce uno stile tradizionale a una sensibilità peculiare e un simile incontro è assai fecondo.
Uno straordinario James Horner regala emozioni uniche attraverso la sua musica, che diventa parte attiva e integrante, molto più di un puro e semplice accompagnamento sonoro. Da (ri)ascoltare.
I sequel scadenti che infangano il buon nome di questa perla del cinema d'animazione.
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