Regia di Don Bluth vedi scheda film
Uno dei lungometraggi della mia infanzia, di quelli che ho amato e che quando ho rivisto qualche anno fa mi ha commosso e fatto riflettere. Un grande Don Bluth!
Il secondo film prodotto dalla Don Bluth Productions è sia un meraviglioso racconto di formazione che un'opera politicamente attiva, popolata da topi e gatti antropomorfi. La storia è ambientata nei primi anni del Novecento in Russia, durante la guerra civile, e si sviluppa seguendo le avventure di una delle tante famiglie che fuggono dalla loro terra con in mente il sogno dell'America. I temi del migrante, della ricerca della felicità, della speranza e della cooperazione come risorsa primaria per la sopravvivenza sono quelli che percorrono tutto l'arco narrativo del lungometraggio, assieme alla poetica di Bluth che descrive la famiglia (amore, stabilità, unione, casa) sempre come il valore più alto ed inscindibile. Fievel, il secondogenito, è un bambino forte, intellettualmente attivo e deciso. La sua curiosità è spinta da una pulsione ancora frenetica, che lo porta a vedere ogni situazione come una potenziale avventura. Tuttavia, proprio per questa sua indole, Fievel perde la sua famiglia durante la navigazione verso New York e comincia la sua Odissea per ritrovare i propri genitori. Conosce nuovi amici ma viene anche a contatto con la malavita de La Grande Mela: sfruttatori, mafiosi, contrabbandieri, schiavisti e assassini. Nel frattempo, la famiglia del protagonista viene inserita nella società americana, con tutte le contraddizioni che la caratterizzano.
Come Coppola e Leone, Bluth diventa metà regista e metà storico, metà artista e metà sociologo nel mettere in scena la vita delle migliaia di persone che rincorrono il sogno americano vivendo la giornata, che hanno addosso la paura di soccombere da un momento all'altro e che hanno in bocca l'amarezza del disincanto: "In America non ci sono gatti!", questa è la frase che esprime più volte il padre durante il viaggio per rincuorare l'animo degli altri migranti che, come lui, stanno abbandonando ogni cosa del loro passato per ricominciare aggrappandosi solamente ad un'idea in probabile divenire di benessere, ma la realtà è ben diversa. I gatti ci sono eccome, e non solo compiono attentati ma controllano praticamente ogni business dei quartieri bassi di New York. Una metafora così diretta l'ho vista solamente in A Bug's Life (John Lasseter, Andrew Stanton) e - anche se si va fuori dal cinema - in MAUS di Art Spiegelman ed in Blacksad di Diaz Canales&Guarnido. Un'altra interessante critica di Bluth, questa più sottile ma non meno agghiacciante, è la caratterizzazione della classe borghese che (dovrebbe) guida(re) i poveri e il proletariato a rivoltarsi contro i gatti. I coordinatori, le figure di riferimento sono due: un'anziana - con accento londinese - descritta nel film come la donna più ricca di New York (che però ha a cuore tutte le persone meno fortunate di lei) ed il capo del Sindacato, un ubriacone che specula pure sulla morte dei propri elettori. Bel dipinto dei Democratici insomma...
Le musiche sono di James Horner (Braveheart, Titanic, Avatar, ...) e sono alcune delle più riuscite degli anni Ottanta (sia colonna sonora che canzoni). Dal punto di vista grafico non ci sono miglioramenti rilevanti confronto a Brisby e il segreto di NIHM, il film precedente di Bluth, ma si intuisce già il suo cambio di rotta da "film per giovani" a "film per bambini", certamente non per i contenuti messi in scena quanto per la forma con cui sono espressi: antagonisti perfidi sì ma un po' imbranati, macchiette qua e là, tante canzoni e personaggi buoni e positivi statici, sempre col sorriso e sempre stimolanti per il protagonista. Questo schema disneyano - che tra l'altro era quello che aveva ripudiato il regista in Brisby... - Bluth lo adotterà per quasi tutti i suoi film successivi, fatta eccezione per Anastasia e Titan A.E.
Ps: valutando in base 5, quindi senza attribuire mezze stelle, considero Fievel Sbarca In America ottimo e con difetti che non ne screditano la riuscita complessiva (3 stelle) e non un capo d'opera, ovvero un film da quattro stelle piene. Specifico tale metodo di valutazione per evitare di creare confusione tra recensione scritta e voto assegnato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta