Regia di Nicholas Meyer vedi scheda film
Opera interessante, originale, ibrida, e incerta sulla direzione da prendere.
È una pellicola moderatamente interessante, e moderatamente riuscita. Forse avrebbe potuto esserlo di più, ma qualche cosa qua e là inficia un po' il risultato. Probabilmente è stata messa troppa carne al fuoco, e la pellicola risulta sotto certi aspetti incompiuta e non del tutto risolta.
L'idea del viaggio nel tempo è sicuramente buona, come lo sono tutti i paragoni tra la Londra di inizio '900 e la San Francisco del 1979. In generale, la regia è spigliata e non presenta tempi morti o passaggi stiracchiati. Il personaggio del protagonista, però, è un po' contraddittorio, diviso tra rigido tradizionalismo vittoriano e sguardo verso il futuro, tra cantore della “liberazione sessuale” e impacciato e indeciso fidanzato della bancaria di cui s'innamora.
La sceneggiatura ha voluto inserire un discorso sul femminismo, che per il film è come la quinta ruota del carro: non serve e dà fastidio. Alla fine non si capisce se il processo di trasformazione dei costumi sociali sia visto come positivo o negativo, o positivo con riserve. La parte finale, inoltre, è un attimino troppo veloce e concentrata di avvenimenti non sempre ben concatenati. Forse nel finale sarebbe stato meglio tornare all'epoca vittoriana, e chiudere un po' il cerchio.
In ogni caso, un'opera da vedere.
Sul tema dei viaggi nel tempo sono migliori, secondo me, “L'uomo che visse nel futuro” (1960) di George Pal, e naturalmente “Ritorno al futuro”, che non ha bisogno di specificazioni.
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