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I cannoni di Navarone

Regia di J. Lee Thompson vedi scheda film

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La recensione su I cannoni di Navarone

di giurista81
8 stelle

War movie altamente spettacolare anche a sessanta anni di distanza dalla sua uscita, modello di riferimento per i successivi Quella Sporca Dozzina (1967), Dove Osano le Aquile (1968) e il lenziano La Legione dei Dannati (1969). Il plot, dal romanzo dello specialista Alistair MacLean (scrittore di guerra da 150 milioni di copie vendute),è quello del commando chiamato a compiere un'azione di sabotaggio ai danni dei nazisti. Un'azione suicida a cui non ci si può sottrarre. Ambientato in un'affascinante Grecia (con tanto di templi in bella evidenza), Gregory Peck è chiamato a capitanare un piccolo gruppo di soldati (inglesi, greci e due ragazze partigiane) col fine di far esplodere i due super cannoni che i nazisti hanno installato a Navarone, sulla sommità di una parete rocciosa aperta sul mare. L'azione è di vitale importanza per consentire alle imbarcazioni della marina inglese di consentire l'evacuazione militare dall'isola di Keros prima che i tedeschi compiano il loro attacco. Centrale è il rapporto tra i componenti del commando, formato da soggetti con caratteristiche diversificate e spesso in contrasto tra loro (la scena con Peck che guarda le foto e le schede dei vari uomini farà scuola), ma costretti a unire le forze per far fronte comune al cospetto di un medesimo nemico. Il capitano Mallory (un Gregory Peck un po' legnoso) fungerà da ispirazione a Dario Argento e Umberto Lenzi per delineare le caratteristiche del colonnello Charley (Jack Palance) de La Legione dei Dannati. Lo vediamo infatti sfruttare a proprio favore le situazioni tragiche, utilizzando i propri uomini alla stregua di pedine sacrificabili di una scacchiera. Così, resosi conto che uno dei componenti ha subito un infortunio invalidante, inizia a sostenerlo psicologicamente, respingendo gli inviti dello stesso a lasciarlo perdere. Fa questo non per ragioni umanitarie, bensì per informarlo con dati e sviluppi operativi difformi da quelli che saranno tenuti, così da inculcargli una convinzione circa l'operazione militare in corso che lo stesso si troverà a dover riferire sotto tortura ai nazisti una volta preso prigioniero (mettendoli fuori strada). La scelta, che per ragioni etiche susciterà non poche proteste tra i componenti del commando, si rivelerà decisiva per la riuscita dell'operazione.

Al fianco di Mallory, c'è il vispo e furbo Anthony Quinn (prova recitativa decisamente superiore a quella di Peck, anche se Quinn, col tradizionale movimento della mano, non sarebbe troppo d'accordo), un colonnello greco che ha promesso di uccidere Mallory a fine guerra, perché lo ritiene colpevole del massacro compiuto ai danni della propria famiglia per mano dei nazisti. I due cementificheranno la loro conoscenza durante l'operazione, salvandosi vicendevolmente la vita e ponendo una pietra sopra il passato. C'è poi il genio degli esplosivi Anthony Miller (l'ottimo e british David Niven, col baffetto corto e curato) che avrebbe tutto per passare ufficiale, ma che rifiuta il grado perché non vuole avere responsabilità. Si tratta del ruolo più interessante del film, con le sue remore, la sua sagacia (è lui a smascherare la spia), ma anche con una sorta di codardia che lo porta a non uccidere nessuno pur facendo che siano gli altri a farlo, perché non si reputa un soldato. Dovrà schierarsi apertamente, dimostrare di valere davvero qualcosa e macchiarsi le mani (non solo di grasso motore). Sarà lui a far saltare i due cannoni, dopo aver confezionato una serie di diversivi per ingannare i nazisti. Abbiamo poi un soldato con crisi di coscienza che, nonostante il soprannome di “macellaio”, ha iniziato a tentennare prima di uccidere un uomo (pagherà caro questo suo difetto). Non mancheranno doppigiochisti e situazioni emergenziali che porteranno a mutare lo schema prefissato (si veda come Niven si trovi a dover modificare gli inneschi degli esplosivi). Si arriverà persino a sparare a una donna disarmata e rea di tradimento.

Ben interpretato e diretto da Lee Thompson (regia innovativa la sua), dirigerà in seguito film di una certa spettacolarità come Cape Fear (1962), Sfida a White Buffalo (1977) e Il Giustiziere della Notte IV (1987), I Cannoni di Navarone dispone di un budget tale da garantirgli una messa in scena assai rara per l'epoca, capace di regalare molteplici momenti di tensione alternati ad altri di azione pura. Si parte con una tempesta marina che sbatte sugli scogli il peschereccio su cui si muovono i protagonisti e si arriva alle esplosioni pirotecniche che vedono esplodere un'intera montagna, con cannoni che cadono in mare (si vedono anche jeep e uomini lanciati in dirupi). In mezzo a tutto questo, smitragliate con uomini che cadono in campo senza stacchi di montaggio, sangue che affiora dalle divise dopo il passaggio dei proiettili, sangue che scivola sulle facce, primi piani, semisoggettive di soldati in azione, dettagli funzionali ad accrescere la tensione e persino camera-car sulle macchine. La splendida fotografia, studiata in modo tale da fare risaltare i colori, completa il quadro di un film che a inizio anni sessanta non era certo frequente vedere, aiutato da un campionario interminabile di aerei, navi, jeep, carri armati, motovedette, motociclette e una scenografia sfarzosa. Manca forse un po' di caratterizzazione sul versante nazista, dove abbiamo gli SS crudeli e gli ufficiali della Wehrmacht rispettosi delle regole militari senza poi utilizzare un vero e proprio antagonista contrapposto ai “nostri”. Al di là di questo, I Cannoni di Navarone resta un grande classico del cinema di guerra. Sei nomination all'oscar (tra cui montaggio, colonna sonora, sonoro e regia), oltre una meritatissima statuetta conquistata da Bill Warrington e Vivian Greenham per gli effetti speciali. 

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