Regia di J. Lee Thompson vedi scheda film
Forse è il film di guerra più avventuroso e incalzante che io ricordi. Lo vidi per la prima volta in un grande cinema di Roma, quando avevo l’età giusta per questo tipo di spettacolo (11 o 12 anni). La trama è nota: durante la Seconda Guerra Mondiale, un commando alleato è incaricato di distruggere su un’isola greca occupata dai Tedeschi due enormi cannoni puntati su uno stretto attraverso il quale dovranno passare imbarcazioni cariche di duemila soldati inglesi. Il tempo a disposizione è di una settimana. Il gruppo è quanto di più eterogeneo si possa immaginare. Lo guida il maggiore Roy Franklin (Anthony Quayle in un ruolo che gli calza a pennello), uomo retto e appassionato, ardente promotore dell’iniziativa. Può contare sulla partecipazione del capitano Keith Mallory (Gregory Peck, vero leader della missione), dal passato glorioso, esperto alpinista e ottimo conoscitore sia della lingua greca che di quella tedesca. Una vera mosca bianca. Su di lui grava la minaccia del colonnello Andrea Stavros (Anthony Quinn, imponente e molto ironico), deciso ad ucciderlo al termine della guerra. Lo ritiene responsabile di un trascorso errore in seguito al quale erano morti la moglie e i suoi tre figli. La raffinatezza e l’humour tutto inglese ci vengono dal bravissimo e vivace caporale Miller, uno smagliante David Niven, capace delle battute più pungenti e delle riflessioni più interessanti. Cito infine l’inquietante e granitico soldato “Butcher” Brown, detto “il boia di Barcellona” per la sua partecipazione alla guerra civile spagnola, esperto sgozzatore di miliziani franchisti, incarnato con la giusta ruvidezza da Stanley Baker. Durante gli otto giorni della missione, succederà veramente di tutto. Si parte dal reclutamento dei membri, nello stile “I magnifici sette”, “Quella sporca dozzina” o “I quattro dell’oca selvaggia”. Partenza a bordo di un peschereccio, intercettazione da parte di una motovedetta tedesca che i nostri riusciranno ovviamente a distruggere, eliminando l’intero equipaggio. La notte seguente, naufragio del commando. Si salvano tutti, ma il maggiore Franklin si frattura una gamba. Il comando viene assunto da Mallory. Presa di contatto con due donne della resistenza greca, interpretate da Irene Papas e Gia Scala. Qualcuno però tradisce e, nel corso di un matrimonio in cui l’intero gruppo si era dissimulato, le SS effettuano una facile retata. I nostri eroi riescono però a ribaltare la situazione, a far fuori l’intero comando tedesco e a fuggire. Altre avventure e disavventure di questo genere e si arriva alla vigilia dell’operazione finale. Ultimo colpo di scena: qualcuno ha sabotato il materiale e l’esplosivo necessari per distruggere i due cannoni. Indagine e dibattito a porte chiuse, nello stile Nero Wolfe o Miss Marple, e smascheramento del traditore. Arriviamo così al pirotecnico finale. Al di là dell’azione vera e propria, nelle oltre due ore e mezza di pellicola, lo spettatore ha avuto modo di conoscere in maniera tutt’altro che superficiale i vari personaggi, si è goduto la traversata dell’isola di Kheros, ha ascoltato l’ indovinatissima colonna sonora di Dimitri Tiomkin, è stato stimolato a riflettere sui metodi della guerra e sulle gerarchie militari, è stato sorpreso da un numero impressionante di colpi di scena. A dispetto di qualche ingenuità nella sceneggiatura e di qualche esagerazione nei molteplici scontri con il nemico, la narrazione non conosce una battuta d’arresto, gli attori sono trascinanti e il tempo vola. Il film fu prodotto da Carl Foreman, al cui attivo si iscrive un precedente altro capolavoro del genere, “Il ponte sul fiume Kwai” di David Lean (1957).
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