Regia di Robert Bresson vedi scheda film
La storia di Giovanna d'Arco rivisitata senza fronzoli e basandosi soltanto sui documenti originali - il processo di condanna e il successivo procedimento di riabilitazione - da Bresson, con la consueta messa in scena semplice e potente che ha fatto grande il suo cinema. Qui il protagonista sembra essere, più che la pulzella, il vescovo Cauchon che la condannò al rogo: il prelato, pressato da una parte dagli inglesi che vogliono giungere all'esecuzione capitale al più presto perché vedono in Giovanna un simbolo della resistenza francese alla conquista e dall'altra dalla superiore esigenza di giustizia, rappresentata anche dal rispetto delle procedure codificate. Alla fine il prelato si piega alle terrene necessità belliche, dimostrandosi un piccolo uomo di fronte alla ragazzina che parla invece come un essere di un altro mondo. Giovanna, infatti, spesso incoerente nei suoi discorsi e nelle sue rivelazioni a metà tra mistica e politica (Santa Caterina, Santa Margherita e l'arcangelo Michele la invitano a sollecitare il re di Francia a combattere contro gli inglesi), rappresenta, lei contadinella semianalfabeta, una specie di superuomo, una sorta di eroe mitologico, ma profondamente cristiano (tanto che venticinque anni dopo la sua morte sarà canonizzata), che come Cristo darà la propria vita per la salvezza dei suoi simili.
Bresson se ne frega delle regole del cinema e in 65 minuti concentra quanto sappiamo della vicenda terrena della ragazza che guidò i francesi a togliere l'assedio inglese di Orleans. Come al solito sceglie attori non professionisti e indovina in Florence Carrez un volto credibilmente medievale, ma è valida anche la scelta di Fourneau che presta il suo volto scavato ai rovelli del vescovo Cauchon.
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