Regia di Camillo Mastrocinque vedi scheda film
La principessa russa Fedora rimane vedova il giorno prima di sposarsi. Sulle tracce dell’assassino del marito finisce a Parigi, dove si innamora di un avvenente pittore che ben presto si rivela l’uomo che sta cercando.
Melodramma a sbiadite tinte storiche, un po’ feuilleton fineottocentesco e un po’ Matarazzo-style ante litteram, principalmente – com’è ovvio – per la presenza di Amedeo Nazzari come protagonista, questo Fedora è tratto dall’omonimo testo teatrale di Victorien Sardou da cui Umberto Giordano prese spunto per la sua Fedora operistica. La sceneggiatura di Giorgio Pastina e di Camillo Mastrocinque, che è qui anche regista, lascia la trama piuttosto inalterata e si preoccupa semplicemente di rendere al meglio le tensioni forti fra i personaggi che costituiscono il fulcro dell’appeal delle pagine di partenza. Oltre al citato Nazzari, Mastrocinque ha a disposizione Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, Memo Benassi, Rina Morelli, Nerio Bernardi e Annibale Betrone: un cast eccellente per il periodo e, va riconosciuto, anche dal punto di vista tecnico la pellicola è realizzata con grande cura e mezzi assolutamente soddisfacenti, cosa non scontata dato il difficile momento storico (siamo nel 1942 e l’Italia è nel pieno della guerra). Girato a Cinecittà, il lavoro dispone delle musiche originali di Giordano e va a inquadrarsi in una fase sperimentale per un regista come Mastrocinque dedito in genere a licenziare titoli sì popolari, ma non così smaccatamente tragiche e dense di pathos; sostanzialmente Fedora fa il paio con il precedente Ridi Pagliaccio (1941), sulle musiche di Ruggero Leoncavallo. Per quanto sia colma di enfasi, la storia non è narrata con grande ritmo e finisce per non essere avvincente quanto servirebbe. 4/10.
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