Regia di Vincente Minnelli vedi scheda film
All'inizio sembra un dramma sull'educazione, quasi un racconto di formazione, un "Gigi" al maschile e meno divertente; poi diventa un confronto generazionale; infine, la trama prende il sopravvento. Minnelli non dirigeva solo musical, e questo film ne è la dimostrazione: con sguardo molto hollywoodiano ma anche molto sensibile, il regista di "Un americano a Parigi" ci illumina sulle illusioni fallite dell'adolescenza, sfoggiando sceneggiature colorate ma oscurate da tristi storie di illeggimità, amori, odi e vendette. Come nei migliori melodrammi americani, da "Via col vento" in giù, si materializzano e si enfatizzano (con l'ausilio di buone prove attoriali) grandi emozioni e grandi sentimenti, con una potenza registica che avvince e cattura, grazie anche ai molteplici colpi di scena che si susseguono via via durante la seconda parte del film, ed è per questo che non bisogna avere paura della durata. Ciò non toglie, però, che certi avvenimenti del film non solo disturbano (come è giusto a volte che succeda), ma sembrano anche macchinosi e fin troppo enfatici (il dark side del genere "melodramma"), alcune azioni di alcuni personaggi sembrano su misura per altri avvenimenti successivi, e non sempre sono verosimili; e se non vogliamo parlare necessariamente di verosimiglianza, parliamo allora di buon senso. Tanto vale però accontentarci di magniloquenti scene di caccia, o del teso finale in cui ci scappa più di un morto.
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