Regia di Antonio Capuano vedi scheda film
Un cinema, quello di Capuano, che si rifà all'idea del neorealismo iniziale di De Sica-Zavattini e lo stesso Rossellini, che un apertura diversa nella messa in scena. Siamo nel 1991 e Saviano e di là da venire eppure il mondo di Gomorra c'è tutto. Una rappresentazione anche documentaristica, ma vista con occhio indagatore e critico che ci fa accaponare la pelle, nel vero senso della parola. Un mondo infantile turbato e rovinato senza speranza, un'indagine senza pietà e senza veli di pietismo e sentimentalismo, che ci porta nel circo di una vita che nel neorealismo era giustificata dall'evento di una guerra, e qui da una guerra quotidiana che non cessa mai di esistere. Un viver quotidiano che fa diventare normalità le cose più aberranti, dei bambini che parlano in maniera che va oltre la delinquenza, dove le istituzioni non fanno altro che fare dei danni, con i loro comportamenti compiacenti a partire dalla scuola, dalla famiglia e dagli istituti di recupero. Un affresco desolante e che non fa pensare a nessuna strada di salvezza, ottima la commistione di immagini e le interazioni televisive che appannano la realtà come mezzi messi a disposizione solo per farci entrare in un sogno edulcorato, inesistente e sentimentalmente sdolcinato, ma che serve come valvola di sfogo umana, ma che di umano non ha nessuna traccia e verità.
Si deve riconoscere un debito evidente a questo regista nella realizzazione di Gomorra firmato dal grande Garrone.
Una storia forte di infanzia violata nella maniera più terribile
Un esordio programmatico e già con una vena cinematografica grande, e la tematica sarà il suo filo rosso in tutta la sua carriera. Avercene dei registi come questi nel cinema italiano, anche se certa critica cerca di disconoscerli e metterli nel dimenticatoio.
Un volto ed uno sguardo che entrano nell'anima.
Il ruolo tremendo dlela zia
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