Regia di Nanni Loy, Luigi Magni, Luigi Comencini vedi scheda film
Commedia ad episodi. Buono il secondo, mediocri gli altri due. Vitti e Manfredi, superlativi
Film a episodi, come nel solco della paludata tradizione cinematografica degli anni Settanta. Nel primo, a firma di Nanni Loy, uno sceneggiatore, Johnny Dorelli, detta in una copisteria una sua sceneggiatura, alla dattilografa di turno, Armanda, l’indimenticabile Monica Vitti, una sognatrice che ascoltando la trama, si fa rapire e vive, nella sua immaginazione,le storie erotiche che sta scrivendo. Dorelli si accorge dello struggimento della ragazza, quando il lavoro sta per finire, mentre lei è già partita per la tangente; alla fine, Armanda avrebbe un momento di cedimento, ma il bacio con lo sceneggiatore, resta "sospeso". La prova attoriale della Vitti è maiuscola, tuttavia i temi del racconto restano abbastanza oscuri, l’episodio è noioso e non lascia tracce.
Nel secondo, la mano è di Luigi Magni. La vicenda riguarda un modesto “secondino” Lucarelli, che per sua grande sfortuna si ritrova preso in ostaggio, nel corso di una rivolta di detenuti, che minacciano di sodomizzarlo, se il ministro in persona non si farà garante di un'attuazione della riforma carceraria, che contempli anche“incontri” con mogli fidanzate o altre, onde ottemperare alle necessità sessuali dei reclusi. Si apre una laboriosa trattativa, il poverino dopo aver lentamente consapevolizzato il significato del verbo “sodomizzare”, prende tempo, prova ad ingraziarsi i ribelli, infine persuade i rivoltosi, che qualcun altro più importante possa prendere il suo posto così da amplificare la portata della protesta; comincia un giro di ricognizione, anche perché nel frattempo le autorità si sono raccolte sotto il terrazzo teatro della rivolta, ma ognuno dei papabili troverà la sua bella scusa per tirarsi indietro; alla fine, giunge un sottosegretario che munito di megafono d’ordinanza, si cimenta in un discorso inintelligibile, usando il politichese, tanto caro ai faccendieri della prima repubblica, che però malgrado puzzi di "falso" funziona, perché i detenuti rientrano nelle celle e pure il deretano dell’appuntato resta immacolato, anche se nessuno degli astanti ci crede, compresa la moglie che piangendo gli porge una benevola solidarietà. A differenza del precedente, questo episodio è divertente e offre interessanti spunti di riflessione; il direttore pavido, macchietta efficace del grande Banfi, un comandante decisionista sì, ma sulla pelle degli altri, un prete vigliacco che si nasconde dietro il suo “gregge” e un politico aduso a fare discorsi surrettiziamente incomprensibili ,sono tutte figure piccine, che rappresentano efficacemente le nostre “deboli”istituzioni
Nell’ultimo episodio di Comencini, un ragioniere allupato, sempre Manfredi, scambia un’inibita e imbranata impiegata di una casa editrice, Vitti, per la escort, la cui prestazione era stata richiesta telefonicamente ad una solerte “maîtresse”. Gioco degli equivoci scontato anche se Vitti e Manfredi sono bravi e qualche risatina ci scappa. Nel complesso il prodotto cinematografico è mediocre, soprattutto in considerazione della caratura dei registi e di un cast stellare rovinosamente sprecato: Vittorio Mezzogiorno, Isa Danieli , Marzio Honorato oltre ai citati Banfi e Dorelli e i giganti Manfredi e Vitti.
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